– Settembre 2017 –
di Isabella Beccaria – © RIPRODUZIONE RISERVATA
Ogni volta, alla ripresa dell’attività lavorativa a Settembre, mi trovo ad analizzare le questioni di cui ci siamo occupati nel corso dell’”anno lavorativo” alle nostre spalle e a fare una proiezione delle questioni che, alla luce della evoluzione normativa, della situazione socio-politica di contesto potranno essere portate sul nostro tavolo.
Dopo quarant’anni di attività nel settore di Diritto del Lavoro, ho assistito ad un profondo cambiamento delle istanze dei lavoratori, che sono di tempo in tempo sfociate in conflitti di natura ideologica, di principio e da ultimo sempre meno di natura collettiva ma volti ad una tutela prevalentemente individual – individualistica.
Ricordo, dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori, le numerose cause di natura sindacale, volte a tutelare diritti conquistati dopo dure lotte del sindacato e dei lavoratori: pensiamo alle vertenze sulle modalità di applicazione del diritto di sciopero, sfociate spesso in occupazione delle fabbriche, blocco delle merci e dell’attività produttiva e a quelle relativa al controllo dei lavoratori.

Isabella Beccaria
Ricordo una vicenda relativa al licenziamento di un lavoratore che aveva installato in un reparto produttivo altoparlanti per l’ascolto dell’emittente Radio Radicale, che durante l’orario di lavoro diffondeva messaggi ritenuti “sovversivi”.
Ideologiche in realtà riuscivano ad essere anche le impugnative di licenziamento, anche in combinazione e conseguente applicazione, in taluni caso selvaggia, dell’art. 18 dello Stato dei Lavoratori.
Negli anni ’90, anche quale conseguenza di un graduale indebolimento della nostra economia, abbiamo visto l’introduzione della disciplina sui licenziamenti collettivi e di conseguenza appassionanti dibattiti sia in aula sia da parte della dottrina circa la corretta applicazione della stessa.
Di pari passo, sempre al fine di creare ulteriori presidi e deterrenti ai licenziamenti, ritenuti sempre più necessari per un contenimento dei costi delle imprese, abbiamo assistito a cause di demansionamento e mobbing , con conseguenti richieste di danni morali , biologici da parte di lavoratori, sovente al fine di destituire di fondamento la legittimità di iniziative imprenditoriali ai loro danni.
Sul finire della decade l’attenzione si è diretta sulle operazioni “straordinarie” quali trasferimenti d’azienda – in particolare di rami – la cui genuinità fu sovente oggetto di contenzioso e di dibattito, per la loro affermata finalità meramente espulsiva delle maestranze con meccanismi elusivi della normativa sui licenziamenti.
Da una decina d’anni, anche se nel nostro Paese ci sono state risparmiate le immagini dei dipendenti che lasciano il posto di lavoro con i loro effetti personali raccolti tristemente in uno scatolone, ho assistito un esodo massiccio di dirigenti, ritenuti troppo costosi e sostituiti con lavoratori con un livello e una seniority inferiori e comunque ritenuti idonei a coprire le mansioni. E spesso ho rilevato che a volte il cambio al vertice di un’azienda comporta il cambio di tutta la squadra per attuare strategie, per la verità, non sempre vincenti.
Dal mio personale punto di osservazione rilevo che, ad eccezione delle vertenze che vedono impegnati aziende e dirigenti che vengono transattivamente composte prima di arrivare in tribunale, vi è stato in questi ultimi tempi un crescendo del contenzioso in tema di responsabilità solidale appaltante/appaltatore, lavoro autonomo e contratti di agenzia.
Dopo la riforma – rectius le riforme – della normativa dei licenziamenti, il contenzioso sui recessi, pur diminuito in modo sensibile, è soprattutto orientato ad eccepire la discriminazione e la natura ritorsiva, una delle poche strade rimaste per ottenere la reintegra.
Le aziende inoltre sono sempre più interessate alle nuove frontiere del welfare aziendale e del lavoro agile, così come a soluzioni che valorizzano la contrattazione aziendale per la più virtuosa gestione dell’impresa.
Molto tempo è passato da quanto ho iniziato questa professione e oggi sorrido nel ricordare quella giovane donna entrare nelle fabbriche occupate, a fianco e per conto dei “padroni”, a negoziare con i sindacati, prospettando ora l’accesso della forza pubblica ora concessioni e miglioramenti del lavoro.
Mi emoziona ricordare il lungo cammino della mia vita professionale perché è lo specchio della storia, delle lotte e del travaglio di un paese che amo e che purtroppo vedo sempre più oltraggiato dalla cultura che premia la mediocrità e isola il merito.
Ma vedo anche che la squadra dei professionisti dello Studio che ho fondato crede nell’idea che ha mosso i miei primi passi e dispone delle competenze, dell’ingegno e del coraggio per portarla avanti.
Cosa ci offrirà l’anno che stiamo affrontando? Sicuramente una storia ancora avvincente che affronto sempre con grande curiosità e determinazione.