– Agosto 2017 –
Con Ordinanza del 26 luglio 2017 il Tribunale del lavoro di Roma (est. Cosentino) ha rimesso alla Corte Costituzionale la disciplina del contratto a tutele crescenti.
Vediamo quali sono gli aspetti che sono stati ritenuti di dubbia legittimità costituzionale.
i) violazione dell’art. 3 Cost.: poiché l’importo dell’indennità risarcitoria disegnata dalle norme del Jobs Act non è compensativo né dissuasivo ed ha conseguenze discriminatorie e in quanto l’eliminazione totale della discrezionalità valutativa del giudice finisce per disciplinare in modo uniforme casi molto dissimili fra loro;
ii) violazione degli artt. 4 e 35 Cost.: per violazione del diritto al lavoro, valore fondante della Carta, al quale verrebbe attribuito un controvalore monetario irrisorio e fisso;
iii) violazione degli artt. 117 e l’art. 76 Cost.: poiché la sanzione per il licenziamento illegittimo apparirebbe inadeguata rispetto a quanto statuito da fonti sovranazionali quali la Carta di Nizza e la Carta Sociale, dato che il rispetto della regolamentazione comunitaria e delle convenzioni sovranazionali costituiva un preciso criterio di delega, che è stato pertanto violato.
In merito al punto i) l’ordinanza del Tribunale di Roma richiama l’attenzione sul confronto:
- non solo fra lavoratori assunti prima e dopo il 07/03/2015 (ai quali non si applica il jobs Act licenziamenti), anche nella medesima azienda;
- non solo fra lavoratori licenziati con provvedimenti affetti da illegittimità macroscopiche ovvero da vizi meramente formali, tutti irragionevolmente tutelati, oggi, con un indennizzo del medesimo importo;
- ma anche, quanto agli assunti dopo il 07/03/2015, fra dirigenti e lavoratori privi della qualifica dirigenziale, dato che i primi, non soggetti alla nuova disciplina, continueranno a godere di indennizzi di importo minimo e massimo ben più consistente.
Con riguardo al punto ii), viene osservato che la nuova normativa sostanzialmente valuterebbe il diritto al lavoro con una quantificazione tanto modesta ed evanescente, in comparazione con la normativa generale sui licenziamenti ex lege 92/2012 ancora vigente, ed oltretutto fissa e crescente in base al parametro della mera anzianità.
Con riferimento infine al punto iii) emerge dall’ordinanza che la normativa esaminata non apparirebbe conforme:
- all’art. 30 della Carta di Nizza, che impone agli Stati membri di garantire una adeguata tutela in caso di licenziamento ingiustificato;
- alla Convenzione OIL 158/1982 sui licenziamenti, che prevede che, qualora il licenziamento sia ingiustificato, in mancanza di una eventuale tutela risarcitoria dovrà essere comunque previsto “il versamento di un indennizzo adeguato o ogni altra forma di riparazione considerata come appropriata”;
- all’art. 24 della Carta Sociale europea, che stabilisce: “per assicurare l’effettivo esercizio del diritto ad una tutela in caso di licenziamento, le Parti s’impegnano a riconoscere: a) il diritto dei lavoratori di non essere licenziati senza un valido motivo legato alle loro attitudini o alla loro condotta o basato sulle necessità di funzionamento dell’impresa, dello stabilimento o del servizio; b) il diritto dei lavoratori licenziati senza un valido motivo, ad un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione”.
Aspettiamo dunque l’ultima parola della Corte Costituzionale, per sapere se l’esperienza del contratto a tutele crescenti è giunta al termine prima ancora di entrare a regime.
(Immagine by Pixabay – da noi rielaborata)