ScaricaStampa

Diritto Commerciale

– a cura di Manuel Capurro – Dicembre 2019 – 

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. 04/11/2019 n. 28314 )  sono recentemente intervenute in materia di nullità di protezione fatta valere dal cliente di una banca in relazione ad alcuni ordini dallo stesso effettuati.

La questione verteva sulla legittimità della limitazione degli effetti derivanti dall’accertamento della nullità del contratto quadro ai soli ordini oggetto della domanda proposta dall’investitore, contrapponendosi a tale impostazione, quella, ad essa alternativa, che si fondava sull’estensione degli effetti di tale dichiarazione di nullità anche alle operazioni di acquisto che non avevano formato oggetto della domanda proposta dal cliente, con le conseguenze compensative e restitutorie che ne potevano derivare (anche in danno al cliente stesso) ove tali dichiarazioni di nullità ulteriori avessero trovato ingresso nel processo come eccezioni o domande riconvenzionali.

Come è noto, la nullità di protezione è un particolare istituto giuridico introdotto nell’ordinamento con lo sviluppo del diritto consumeristico, in base al quale un vizio del contratto capace di integrarne la nullità, invece di essere rilevabile d’ufficio o ad istanza di qualsiasi parte del negozio (come accade in generale per tutti i vizzi che determinano la nullità del negozio), può operare solo a vantaggio del consumatore su sua istanza, potendo essere rilevata d’ufficio dal giudice nei limiti indicati dalla sentenza delle S.U. n. 26642 del 2014 in materia di rilevabilità ufficiosa delle nullità (anche di protezione).

Nel caso considerato, le Sezioni Uniti si sono sagacemente interrogate sull’uso selettivo da parte dell’investitore dell’istituto della nullità di protezione in contratti aventi struttura bifasica, cioè in contratti in cui alla stipulazione di un contratto quadro (affetto da una nullità di protezione), facessero seguito un insieme di contratti “a valle”, costituiti nel caso in questione da ordini di acquisto formulati dal clienti, solo alcuni dei quali (ovviamente svantaggiosi per il cliente) fossero da questi fatti oggetto di impugnazione.

Sul punto, due erano gli orientamenti emersi nella giurisprudenza delle Sezioni semplici della Corte: (i) secondo il primo orientamento, ove si ritenga che il regime di protezione si esaurisca nella legittimazione esclusiva del cliente (o nella rilevabilità d’ufficio, nei limiti sopra precisati) a far valere la nullità per difetto di forma, una volta dichiarata l’invalidità del contratto quadro, gli effetti caducatori e restitutori che ne derivano possono essere fatti valere da entrambe le parti; 

(ii) alla luce del secondo orientamento, l’operatività piena, processuale e sostanziale, del regime giuridico delle nullità di protezione esclusivamente a vantaggio del cliente (nella specie dell’investitore), anche ove l’invalidità riguardi l’intero contratto, esclude che l’intermediario possa avvalersi della dichiarazione di nullità in relazione alle conseguenze, in particolare restitutorie, che ne possono scaturire a suo vantaggio, dal momento che il regime delle nullità di protezione opera esclusivamente in favore dell’investitore.

Secondo la Corte, la questione della legittimità dell’uso selettivo delle nullità di protezione nei contratti aventi ad oggetto servizi d’investimento deve essere affrontata assumendo come criterio ordinante l’applicazione del principio di buona fede, al fine di accertare se sia necessario alterare il regime giuridico peculiare di tale tipologia di nullità, sotto il profilo della legittimazione e degli effetti, per evitare che l’esercizio dell’azione in sede giurisdizionale possa produrre effetti distorsivi ed estranei alla ratio riequilibratrice in funzione della quale lo strumento di tutela è stato introdotto.

E proprio alla luce del principio di buona fede, le Sezioni Unite hanno affermato che l’intermediario, alla luce del peculiare regime giuridico delle nullità di protezione, non può avvalersi degli effetti diretti di tale nullià e non è conseguentemente legittimato ad agire in via riconvenzionale od in via autonoma ex artt. 1422 e 2033 cod. civ. I principi di solidarietà ed uguaglianza sostanziale, di derivazione costituzionale (art. 2,3, 41 e 47 Cost., quest’ultimo con specifico riferimento ai contratti d’investimento) sui quali le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 26642 del 2014, hanno riposto il fondamento e la ratio delle nullità di protezione operano, tuttavia, anche in funzione di riequilibrio effettivo endocontrattuale quando l’azione di nullità, utilizzata, come nella specie, in forma selettiva, determini esclusivamente un sacrificio economico sproporzionato nell’altra parte. Limitatamente a tali ipotesi, l’intermediario può opporre all’investitore un’eccezione, qualificabile come di buona fede, idonea a paralizzare gli effetti restitutori dell’azione di nullità selettiva proposta soltanto in relazione ad alcuni ordini. L’eccezione sarà opponibile, nei limiti del petitum azionato, come conseguenza dell’azione di nullità, ove gli investimenti, relativi agli ordini non coinvolti dall’azione, abbiano prodotto vantaggi economici per l’investitore. Ove il petitum sia pari od inferiore ai vantaggi conseguiti, l’effetto impeditivo dell’azione restitutoria promossa dall’investitore sarà integrale. L’effetto impeditivo sarà, invece, parziale, ove gli investimenti non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto risultati positivi ma questi siano di entità inferiore al pregiudizio determinato nel petitum.

L’eccezione di buona fede operando su un piano diverso da quello dell’estensione degli effetti della nullità dichiarata, non è configurabile come eccezione in senso stretto non agendo sui fatti costitutivi dell’azione (di nullità) dalla quale scaturiscono gli effetti restitutori, ma sulle modalità di esercizio dei poteri endocontrattuali delle parti. Deve essere, tuttavia, oggetto di specifica allegazione.

Scarica Cass. SS.UU. 4 novembre 2019 n. 28314

ImmaginePDF