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– a cura di Manuel Capurro – Novembre 2019 – 

La Suprema Corte (Cass. 9 settembre 2019 n. 22493 ord. ) è recentemente intervenuta sulla questione della remunerazione dell’amministratore delegato che sia anche dipendente della società.

All’amministratore delegato in questione, a quanto sembra di capire dalla stringata esposizione dei fatti contenuta nell’ordinanza in esame, il consiglio di Amministrazione aveva riconosciuto uno specifico emolumento per lo svolgimento di tale funzione, per il pagamento del quale lo stesso aveva adito il tribunale, ottenendone sia in primo che in secondo grado la condanna della società.

Tra i vari argomenti dispiegati avanti alla Suprema Corte dalla difesa dalla società soccombente al fine di ottenere la cassazione della sentenza di condanna, deve essere menzionato quello basato sulla identità tra le mansioni svolte dal lavoratore quale dirigente (si presume apicale) della società e la funzione di amministratore delegato della stessa che, secondo la società, avrebbe giustificato l’omesso pagamento del compenso, pure deliberato dal consiglio di amministrazione in favore dell’amministratore delegato. 

Senza volerci in questa sede addentrare sulla questione, probabilmente più complessa di quanto non appaia a prima vista, della possibilità che la funzione gestoria in termini di immedesimazione organica tra l’organo e l’ente, che ontologicamente caratterizza la carica di amministratore delegato di una società, possa formare oggetto di un contratto di lavoro subordinato avente natura dirigenziale – problema la cui soluzione in termini negativi priverebbe di pregio una difesa come quella svolta dalla società ricorrente – occorre in questa sede rilevare che dal ragionamento svolto dalla Corte di Cassazione, non solo sembra che tale possibilità sia data per scontata, ma risulta altresì che la Corte ritenga che una dimostrazione della circostanza in questione (identità delle mansioni) avrebbe effettivamente potuto legittimare la società all’omesso pagamento (anche in presenza, e questo pare davvero singolare, di una delibera correttamente assunta dal consiglio di amministrazione che riconosceva all’amministratore delegato l’emolumento richiesto).

Rimane, quindi, effettivamente sussistente l’esigenza, che vale tanto per le società quanto per il dirigente apicale cui sia attribuita la funzione di amministratore delegato, di disciplinare puntualmente la remunerazione (o la mancanza di remunerazione) della funzione organica.  Se, come il più delle volte accade, il dirigente preferirà ottenere l’intera retribuzione sotto il “cappello” del rapporto di lavoro subordinato, questo dovrà risultare non solo dal contratto di lavoro, che dovrà espressamente prevedere l’obbligo del lavoratore di accettare la nomina quale amministratore della società con le eventuale deleghe attribuitegli dal consiglio di amministrazione, ma tale impegno dovrà specificamente essere ricompreso nella retribuzione percepita dal dirigente nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato.

Inoltre, la delibera assembleare di nomina dovrà espressamente prevedere che l’amministratore non verrà retribuito per la funzione svolta, dando atto del suo assenso in merito. Circostanza che dovrà essere specificata anche nel verbale della delibera consigliare che attribuirà le deleghe.

Infatti, se è stabilito in via generale che il consigliere di amministrazione, e a maggior ragione l’amministratore cui vengano attribuite particolari cariche, debba essere remunerato, è comunque pacifico che a questi compensi egli possa rinunciare preventivamente (a maggior ragione se già retribuito quale dirigente apicale della società).

Per contro, e per tornare all’ordinanza in commento, nel caso in cui la retribuzione per il ruolo dirigenziale e l’emolumento per la funzione organica dovessero essere tenute distinte, sarà nell’interesse del dirigente/amministratore, precisare puntualmente in cosa le due funzioni si distinguono (magari specificando nel contratto di lavoro che la funzione dirigenziale non comporta l’assunzione di cariche sociali, con la conseguente immedesimazione organica), in modo tale da evitare il rischio che una difesa fondata sulla identità delle mansioni, come quella dispiegata nel procedimento considerato (e che sembra dal tenore dell’Ordinanza essere stata considerata plausibile dalla Corte di Cassazione), possa essere dispiegata nei suoi confronti per privarlo dell’emolumento di amministratore.

Scarica Cassazione 9 settembre 2019 n. 22493 ord.

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