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– a cura di Filippo Capurro – Settembre 2020 –

Oggi vi segnalo due pronunce significative in materia di stato di malattia del lavoratore subordinato.

(1) L’accertamento tecnico preventivo della malattia

Il tema dell’accertamento dello stato di malattia è affrontato in una chiave molto interessante nella pronuncia Cass. 29/07/2020 n. 16251 .

Una breve esposizione del caso piuttosto originale.

A seguito di numerose assenze per malattia del lavoratore, collocate anche in prossimità dei fine settimana e quindi per il datore di lavoro sospette, questi aveva adito il Tribunale al fine di promuovere un accertamento tecnico preventivo (atp) diretto ad accertare lo stato di salute del medesimo. Il lavoratore tuttavia, nella memoria difensiva, dopo avere documentate i motivi delle sue assenze, si dichiarava indisponibile a sottoporsi  all’esame e il giudice dichiarava quindi il non Iuogo a provvedere

Seguiva successivamente una procedura disciplinare avente a oggetto l’addebito del lavoratore di aver rifiutato di prestare il consenso all’accertamento medico, rendendo così impossibile la verifica del suo stato di salute. Secondo il datore di lavoro l’atteggiamento del lavoratore giustificava non solo i sospetti sulla effettiva sussistenza degli episodi morbosi ma violava anche i doveri di correttezza e buona fede che vincolano l’esecuzione del contratto. All’esito della procedura il lavoratore veniva licenziato. In primo grado il licenziamento veniva dichiarato legittimo e in appello illegittimo.

I giudici di Cassazione hanno affermano l’illegittimo del licenziamento.

Viene anzitutto ricordato che gli obblighi di correttezza e buona fede costituiscono un metro di valutazione in ordine all’adempimento degli obblighi contrattuali e non anche una autonoma fonte di questi ultimi (Cass. 04/12/2017 n. 28974 e Cass.14/ 03/ 2013 n. 6501).

E’ inoltre osservato che l’accertamento tecnico preventivo di cui all’art 445 bis cod. proc. civ. è previsto quale condizione di procedibilità per la deflazione del contenzioso in materia previdenziale – nei giudizi volti a ottenere prestazioni a carico dell’INPS – e non  per consentire al datore di lavoro di controllare lo stato di salute dei propri dipendenti.  Esso non può invece essere utilizzato per verificare lo stato di salute del personale.

Il datore di lavoro dispone invece di diversi strumenti che consentono il controllo delle assenze per infermità del dipendente, descritti dall’art. 5 L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), ma soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. La norma recita: “sono vietati accertamenti da parte del datore  di  lavoro  sulla  idoneità  e sulla infermità  per malattia  o infortunio  del lavoratore dipendente.  2. Il controllo delle assenze  per  infermità  può  essere  effettuato  soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti  a  compierlo quando il  datore  dì lavoro lo richieda. 3. Il datore di lavoro ha (inoltre) facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.

Infine viene osservato che la circostanza poi che l’art. 445 bis richiami, nel procedimento da seguire in tema di a.t .p. ed in quanto compatibile, l’art . 696 c.p.c., previsto tra i  mezzi  di  istruzione  preventiva  in  casi  connotati  da  particolare urgenza, non vale ad assimilar e i due istituti, dovendo pertanto escludersi che al datore di lavoro sia consentito, in deroga non prevista al citato art. 5 S.L., far controllare per tale via, lo  stato  di salute dei suoi dipendenti.

Faccio presente che gli accertamenti medici ai quali il lavoratore non può rifiutare di sottoporsi sono quelli previsti dal Testo Unico in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (d.lgs. 81/2008) – principalmente dall’art. 41 – finalizzati a tutelare la sua integrità psicofisica.

Aggiungo anche che – in linea di massima e in presenza di oggettivi motivi di dubbio –  è legittimo per un datore di lavoro assumere un’agenzia investigativa che si occupi di verificare l’attendibilità della certificazione medica anche mediante l’uso di video e foto. Infatti le disposizioni dell’art. 5 della legge 20 maggio 1970, n. 300, in materia di divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e sulla facoltà dello stesso datore di lavoro di effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l’assenza (Cass. 21/09/2016 n. 18507).

 

(2) Il lavoro durante la malattia a favore di altri

Con la pronuncia Cass. 02/09/2020 n. 18245  viene invece riaffermato il principio per cui lo svolgimento di un’altra attività durante l’assenza dal lavoro per malattia può costituire grave inadempimento agli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, se essa è tale da pregiudicare o ritardare la guarigione.

Correttezza e buona fede impongono al lavoratore, in questo senso, di astenersi, durante il periodo di assenza per malattia, da attività e comportamenti (lavorativi ed extra-lavorativi) che siano indice di scarsa attenzione rispetto alla tutela della propria salute ed ai doveri di cura personali. 

Sullo specifico tema rinvio, sul nostro sito, anche al mio contributo “Attività prestata dal lavoratore a favore di terzi durante la malattia: oscillazioni interpretative”  che contiene alcuni  riferimenti a precedenti significativi.

L’aspetto essenziale sul quale tuttavia richiamo l’attenzione è costituito dal rilievo che lo svolgimento di altra attività lavorativa durante l’assenza dal lavoro per malattia non è di per sé riconducibile a un illecito disciplinare, in quanto è necessario verificare se tale attività, alla luce del suo concreto svolgimento, risulti incompatibile con la condizione di morbilità alla base della sospensione del rapporto di lavoro o sia idonea ad impedire o ritardare la guarigione.

Resta ovviamente salva la rilevanza disciplinare che si avrebbe ove il lavoratore svolgesse attività a favore di concorrenti, in quanto comporterebbe violazione dell’obbligo di fedeltà (art. 2105 c.c).

 

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