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– a cura di Filippo Capurro, Angelo Beretta e Alessia Capella – Gennaio 2021 – 

Il 30/12/2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo della Legge  30/12/2020 n. 178 (c.d. “Legge di Bilancio”), contenente il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e il bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023.

Con riguardo alle principali disposizioni in materia di Diritto del Lavoro, e fatti salvi eventuali aggiornamenti che il Governo ha già dichiarato di voler effettuare in considerazione della necessità di correggere alcune imperfezioni nel testo approvato, segnaliamo quanto segue.

INDICE

SOSTEGNO ALL’IMPRESA

1. Ammortizzatori sociali

2. Esonero contributivo

RAPPORTO DI LAVORO

3. Proroga e rinnovo dei contratti a termine

4. Lavoratori fragili

5. Congedo di paternità

6. Licenziamenti

PREVIDENZA E INCENTIVI MIRATI

7. Incentivo all’assunzione di giovani under 36

8. Sostegno alle lavoratrici madri

9. Incentivo all’occupazione femminile

10. Decontribuzione Sud

11. Fondo per il sostegno della parità salariale di genere

12. Pensioni

SOSTEGNO ALL’IMPRESA

 

1. AMMORTIZZATORI SOCIALI

[Art. 1, commi 285 e 286 e commi da 299 a 305]

E’ stata introdotta la possibilità di usufruire di ulteriori 12 settimane di ammortizzatori sociali (CIGO, CIGD, Assegno ordinario FIS) con causale Covid, per le imprese che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19. Tali strumenti sono coperti dalla previsione di bilancio per un totale di 5,3338 miliardi di euro per l’anno 2021.

Le 12 settimane  sono riconosciute: (i) per i trattamenti di CIGO, nel periodo compreso tra il 01/01/2021 e il 31/03/2021, (ii) per i trattamenti di assegno ordinario FIS e di CIGD, nel periodo compreso tra il 01/01/2021 e il 30/06/2021.

I periodi di integrazione salariale precedentemente richiesti e autorizzati in base al c.d. decreto “Ristori” (a questo Link il nostro approfondimento al riguardo) e che siano collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 01/01/2021, saranno imputati, ove autorizzati, alle 12 settimane previste dalla Legge di Bilancio. Le 12 settimane pertanto, nei menzionati periodi, costituiranno la durata massima che potrà essere richiesta con causale COVID-19.

Da notare che rispetto alla precedente disciplina non è più previsto alcun “contributo addizionale” a carico del datore di lavoro rapportato all’eventuale calo di fatturato.

Le domande di accesso agli ammortizzatori sociali dovranno essere presentate entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione e/o la riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, tale termine di decadenza è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore della Legge di Bilancio (i.e. 28/02/2021).

In caso di pagamento diretto da parte dell’INPS, i datori di lavoro saranno tenuti ad inviare a tale Ente tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale, entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, tale termine è rinviato al trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della Legge di Bilancio (i.e. 29/01/2021).

Il mancato rispetto dei predetti termini trasferisce direttamente in capo al datore di lavoro l’onere del pagamento e dei relativi oneri.

Inoltre, la Legge di Bilancio proroga per gli anni 2021-2022 il trattamento di sostegno al reddito concesso in caso di cessazione dell’attività aziendale. Mediante tale strumento, precedentemente autorizzato per gli anni 2018, 2019, 2020, le imprese che cessino in parte o in tutto la propria attività potranno accedere ad un intervento di CIGS per un massimo di 12 mesi, a condizione che sussistano concrete prospettive di cessione dell’attività con conseguente riassorbimento occupazionale, o che vi sia la possibilità di realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo, o comunque di ricollocare i dipendenti per mezzo di specifici percorsi di politica attiva del lavoro posti in essere dalla regione interessata.

 

2. ESONERO CONTRIBUTIVO

[Art. 1, commi 306, 307 e 308]

Per le imprese che non richiedano l’accesso agli ammortizzatori sociali sopra indicati, è riconosciuto un ulteriore periodo di esonero dal versamento dei contributi previdenziali per un massimo di 8 settimane, fruibili tra il 01/01/2021 e il 31/03/2021, sempre nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020. Anche la legge di Bilancio, come il c.d. decreto Ristori, non prevede il raddoppio delle ore di integrazione su cui calcolare l’esonero. 

Inoltre, i datori di lavoro che abbiano richiesto l’esonero contributivo ai sensi del c.d. decreto “Ristori” (a questo Link  il nostro approfondimento al riguardo) potranno rinunciare alla frazione dell’ esonero richiesto e non goduto e, contestualmente, presentare domanda per accedere ai nuovi trattamenti di integrazione salariale previsti dalla Legge di Bilancio. Trattasi del c.d. diritto di ripensamento, precisazione normativa particolarmente importante perché la precedente disciplina prevedeva che la scelta di esonero contributivo impediva al datore di lavoro di accedere ai trattamenti di integrazione salariale.

La possibilità di fruire queste 8 settimane di decontribuzione è subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea.

 

RAPPORTO DI LAVORO

 

3. PROROGA E RINNOVO DEI CONTRATTI A TERMINE

[art. 1, comma 279]

La tecnica normativa utilizzata, come accadde per il Decreto Agosto, consiste nell’intervento sull’art. 93 DL 34/2020 (Decreto Rilancio). In pratica si sposta la data ivi contenuta dal 31/12/2020 al 31/03/2021.

Sicché, fino al 31/03/2021, prosegue la facoltà di prorogare o rinnovare – ovviamente consensualmente – i contratti di lavoro a termine, oltre la durata dei 12 mesi e senza una delle causali contenute nell’art. 19, comma 1, d.lgs. 81/2015 [ossia a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, b) esigenze di sostituzione di altri lavoratori, c) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria].

Ciò può avvenire una sola volta e per un periodo massimo (ulteriore rispetto alla durata originaria) di 12 mesi.

Tale disposizione riguarda sia i contratti a termine ordinari che quelli conclusi a scopo di somministrazione.

Resta salva la durata massima complessiva del contratto pari a 24 mesi, come pure la possibilità del rinnovo oltre i 24 mesi effettuato presso l’Ispettorato del lavoro ai sensi dell’articolo 19, comma 3, d.lgs. 81/2015 (cd. “contratto assistito”).

Se il datore di lavoro ha già fruito di questa possibilità sotto il vigore del Decreto Agosto, non potrà più farlo. Qui forse un po’ più di audacia da parte del legislatore, nell’eliminare questo limite, poteva starci.

Tuttavia, la precisazione che il rinnovo o la proroga privi di causale siano consentiti solo una volta va intesa nel senso che sono comunque ammesse ulteriori proroghe o rinnovi, se effettuate nel rispetto delle regole ordinarie.

Richiamiamo l’attenzione sul fatto che il 31/03/2021 è la data ultima entro cui si può sottoscrivere l’accordo di proroga o il rinnovo, ma il contratto rinnovato o prorogato può proseguire anche oltre tale scadenza, fino a un massimo di ulteriori 12 mesi.

Altro aspetto, rilevante con riguardo al rinnovo del contratto a termine effettuato entro il 31/03/2021, è la possibilità di non applicare l’obbligo del cd. stop&go, ossia del quel periodo di vacanza obbligatoriamente previsto tra due contratti di lavoro a tempo determinato. Inoltre, in caso di prosecuzione del rapporto, la proroga non andrà computata nel massimale previsto dalla normativa di riferimento, che dispone un massimale di 4 proroghe. In questo senso l’interpretazione contenuta nella Nota INL 16/09/2020 n. 713 .

Va in ogni caso segnalato che la normativa generale (art. 20, comma 1, lett. c, d.lgs. 81/2015 – Testo Unico dei Contratti) prevede che l’apposizione del termine al contratto non è ammessa presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato. L’art. 19 bis del DL 18/2020 (“Cura Italia”) – che aveva introdotto la prima apertura emergenziale ai rinnovi e alle proroghe a causali dei contratti a termine – escludeva l’applicazione di tale divieto. Tale esclusione non è tuttavia contenuta nelle norme successive. Pare dunque legittimo almeno il dubbio sul fatto che sia possibile prorogare o rinnovare contratti a termine in base alla deroga, ove il datore di lavoro stia utilizzando ammortizzatori sociali che appunto interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato.

 

4. DISPOSIZIONI IN FAVORE DEI LAVORATORI FRAGILI

[art. 1,  comma 481]

Viene estesa per il periodo dal 01/01/2021 al 28/02/2021 l’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 26, comma 2, Decreto “Cura Italia” in favore dei lavoratori fragili e dei lavoratori con disabilità grave.

Tale norma dispone:

  1. che i lavoratori fragili svolgano di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche, ove occorra, attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento;
  2. in caso ciò non sia possibile, l’equiparazione del periodo di assenza al ricovero ospedaliero per i dipendenti in possesso di idonea certificazione che attesti l’esistenza di una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita o da disabilità grave.

La riattivazione delle tutele previste dal “Cura Italia” ripara una criticità che si era creata dopo il 15/10/2020 per il venir meno di tale tutela. Infatti, in assenza di una norma specifica, la mera sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili, non configurando un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta, non comporterebbe il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia comune.

Naturalmente, in caso di malattia conclamata da Covid-19, il lavoratore fragile è anche temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla malattia.

 

5. CONGEDO DI PATERNITÀ

[art. 1, comma 25 e art. 1 commi 363 e 364]

Il congedo obbligatorio del padre lavoratore (esteso a 10 giorni), al pari di quello facoltativo (di 1 giorno),  può essere fruito non solo nel caso della nascita del figlio, ma anche nel caso di morte perinatale. 

Nel caso di congedo obbligatorio rimane fermo il pagamento dell’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione spettante. Tale indennità viene corrisposta anche nel caso di congedo facoltativo di paternità, a condizione che lo stesso sia fruito in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima.

 

6. LICENZIAMENTI

[art. 1, commi 309, 310 e 311]

E’ prorogata fino al 31/03/2021 la disciplina già in vigore sul blocco dei licenziamenti.

Il divieto di effettuare licenziamenti ha natura oggettiva e riguarda tutti i datori di lavoro a prescindere dal requisito dimensionale.

Esso non dipende dalla fruizione degli ammortizzatori COVID-19 o dalla fruizione degli sgravi contributivi.

Il nuovo testo di legge dispone che non sia possibileNon possano:

  1. essere avviate procedure di licenziamento collettivo, e rimangono conseguentemente sospese quelle avviate dal 23/02/2020 in poi;
  2. procedere al licenziamento individuale per motivi oggettivi (art. 3 legge 604/1966) o riattivare una procedura ex art. 7 della Legge 604/1966 sospesa a causa del Covid-19.

Formano eccezione e quindi ammettono il licenziamento:

a) le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro del nuovo appaltatore in forza di legge, di C.C.N.L., o di clausola del contratto di appalto;

b) le ipotesi di per cessazione definitiva dell’attività, conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda;

c) le ipotesi di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

d) le ipotesi di accordo sindacale che preveda l’uscita su base volontaria dei lavoratori. L’accordo sindacale deve essere stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (quindi non necessariamente Rsa / Rsu) e la deroga opera limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di NASpI.

Non rientrano nell’ambito del divieto:

  • i licenziamenti per motivi soggettivi: giusta causa e  giustificato motivo soggettivo;
  • i licenziamenti in prova;
  • i licenziamenti per superamento del periodo di comporto;
  • i licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia, atteso che la prosecuzione fino ai 70 anni discende da un accordo tra le parti e non è un diritto potestativo del dipendente (Cass. SS.UU. 04/09/2015 n. 17589;
  • i licenziamenti (individuali) dei dirigenti: qualche dubbio per i licenzianti per giustificatezza oggettiva potrebbe peraltro essere lecito (a questo Link un nostro approfondimento)
  • i licenziamenti dei lavoratori domestici (in quanto ad nutum);
  • i licenziamenti degli apprendisti al termine del periodo di apprendistato ai sensi dell’art. 2118 c.c. (art. 41, comma 4, d.lgs. 81/2015), nonché, ci pare possa ritenersi, nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, per mancato raggiungimento degli obiettivi formativi (art. 41, comma 3, d.lgs. 81/2015).

Viceversa rimangono preclusi i licenziamenti per inidoneità sopravvenuta, che si tende a ritenere rientrante nell’ambito del giustificato motivo oggettivo. In questo senso anche la Nota INL 24/06/2020 n. 298 .

Nessun cenno alla revoca del licenziamento, che seguirà dunque le regole generali (art. 18, comma 10, L. 300/1970 e art. 5, d.lgs. 23/2015).

 

PREVIDENZA E INCENTIVI MIRATI

 

7. INCENTIVO ALL’ASSUNZIONE DI GIOVANI UNDER 36

[art.1, commi da 10 a 15]

Per il triennio 2021-2023, ai datori di lavoro che assumano a tempo indeterminato o trasformino i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato di lavoratori di età fino a 36 anni, sarà riconosciuto l’esonero dall’obbligo di versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nella misura del 100% per un periodo massimo di 3 anni, nel limite massimo di  € 6.000,00 annui.

Tale esonero contributivo è riconosciuto per un periodo massimo di 4 anni laddove tali assunzioni o trasformazioni siano effettuate in una sede o unità produttiva ubicata nelle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

Si tratta, sostanzialmente, di  una proroga di una disposizione già varata con la L. 205/2017. Per ottenere il bonus under 36, secondo l’Inps (Circolare 28/04/2020), l’assunzione non deve violare il diritto di precedenza alla riassunzione di un altro lavoratore.

Inoltre, l’esonero contributivo sarà riconosciuto a condizione che i datori di lavoro interessati non abbiano proceduto nei 6 mesi precedenti l’assunzione, né procedano nei 9 mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica e nella stessa unità produttiva di coloro che siano stati assunti fruendo di tale incentivo.

 

8. SOSTEGNO ALLE LAVORATRICI MADRI

[art.1, commi 23 e 24]

Al fine di sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e di favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, il Fondo per le politiche della famiglia (di cui all’articolo 19, comma 1, del D.L. 223/2006) è incrementato di 50 milioni di euro per l’anno 2021, da destinare al sostegno delle misure organizzative adottate dalle imprese per favorire il rientro al lavoro delle lavoratrici madri dopo il parto.

È demandato ad un decreto interministeriale il compito di definire le modalità di attribuzione delle suddette risorse.

 

9. INCENTIVO ALL’OCCUPAZIONE FEMMINILE

[art.1, commi 16 e 17]

In via sperimentale per il biennio 2021-2022 è riconosciuto l’esonero dall’obbligo di versamento dei contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nella misura del 100% nel limite massimo di € 6.000,00 annui per l’assunzione di donne lavoratrici. Per beneficiare di tale incentivo, è necessario che tali assunzioni comportino un incremento occupazionale netto, da calcolarsi in base alla differenza tra il numero di lavoratori occupati in ciascun mese e quelli mediamente occupati nei dodici mesi precedenti.

Per i dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale, il calcolo è ponderato in base al rapporto tra il numero delle ore pattuite e il numero delle ore che costituiscono l’orario normale di lavoro dei lavoratori a tempo pieno.

Il beneficio connesso all’assunzione delle donne lavoratrici, sopra menzionato, è subordinato all’autorizzazione della Commissione Europea.

 

10. DECONTRIBUZIONE SUD 

[art.1, comma 161]

L’esonero contributivo già previsto dal “Decreto Agosto”, per l’assunzione di personale nelle aree caratterizzate da grave situazione di disagio socio-economico, è prorogato fino al 31/12/2029, nella misura del: 

  1. 30% dei complessivi contributi previdenziali da versare fino al 31/12/2025; 
  2. 20% dei complessivi contributi previdenziali da versare per gli anni 2026 e 2027; 
  3. 10% dei complessivi contributi previdenziali da versare per gli anni 2028 e 2029.

Si evidenzia che:

  • per il periodo dal 01/07/2021 al 31/12/2029, l’agevolazione è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea;
  • per il lasso temporale pregresso (01/01/2021 – 30/06/2021) il nulla osta europeo è già stato ottenuto.

 

11. FONDO PER IL SOSTEGNO ALLA PARITÀ SALARIALE DI GENERE

[art.1, commi 276 e 277]

E’ prevista l’istituzione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del Fondo per il sostegno della parità salariale di genere (con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022) per interventi finalizzati al sostegno e al riconoscimento del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro.

La definizione delle relative modalità attuative è demandata ad un decreto interministeriale.

 

12. PENSIONI

Sul versante delle riforme al sistema pensionistico, la Legge di Bilancio:

(i) proroga fino al 31/12/2021 l’opzione donna (art. 1, comma 336), vale a dire la formula di pensionamento anticipato cui possono accedere le lavoratrici dipendenti che, entro il 31/12/2020, abbiano compiuto i 58 anni di età e maturato 35 anni di contributi. Lo sconto per l’accesso a tale forma di prepensionamento è il calcolo dell’assegno pensionistico secondo il metodo contributivo puro. Si ricorda che per l’opzione donna si applica la finestra mobile pari a 12 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti per le lavoratrici dipendenti;

(ii) proroga fino al 31/12/2021 l’APE sociale (art. 1, comma 339 e 340), ossia di quella formula di prepensionamento rivolta a particolari categorie di lavoratori ritenute meritevoli di beneficiare di una riduzione dei requisiti di pensionamento in virtù della gravosità o rischiosità dell’attività lavorativa svolta. Restano invariati i requisiti per l’accesso. Il dipendente dovrà pertanto, entro il 31/12/2021, aver compiuto i 63 anni di età e maturato 30 anni (o 36 per gli addetti a mansioni gravose) di contributi. Per le donne con figli è previsto uno “sconto contributivo” per l’accesso al beneficio, nella misura di 12 mesi per ciascun figlio, per un massimo di 24 mesi (c.d. APE sociale donna);

(iii) proroga fino al 31/12/2023 la possibilità di anticipare fino a un massimo di 7 anni il pensionamento in caso di crisi aziendale, con oneri completamente a carico dell’azienda sino alla effettiva maturazione dei requisiti pensionistici da parte del dipendente (c.d. isopensione) (art. 1, comma 345);

(iv) prevede che la durata dei contratti di lavoro in regime di part-time verticale (ossia laddove sia previsto che il dipendente presti servizio in alcuni giorni a tempo pieno mentre in altri non lavori affatto) sia da considerarsi integralmente ai fini del calcolo del raggiungimento dei requisiti pensionistici (art. 1, comma 350);

(v) in materia di contratti di espansione (art. 1, comma 349), viene incentivato il pensionamento dei dipendenti che si trovino ad un massimo di 5 anni dalla pensione di vecchiaia o anticipata a fronte della corresponsione di un assegno mensile a carico dell’azienda e soggetto a una riduzione pari all’importo dell’assegno di disoccupazione per 24 mesi: viene abbassata a 250 unità e sino al 31/12/2021, la soglia occupazionale richiesta per l’accesso allo strumento (la soglia precedente era 1.000 dipendenti). Nel caso di aziende con oltre 1.000 dipendenti che si impegnino ad effettuare almeno un’assunzione ogni tre uscite, è inoltre prevista un’estensione della riduzione degli oneri di ulteriori 12 mesi, oltre i 24 normalmente previsti.

Il contratto di espansione deve essere sottoscritto alternativamente, con: i) il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; ii) le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; iii) le rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria (RSU).

L’obiettivo che il Governo si è proposto con la novella legislativa è quello di fornire uno strumento per attutire i potenziali effetti negativi correlati alla fine del blocco dei licenziamenti. Di fatto, lo strumento in questione permette alle aziende di procedere al ricambio generazionale, elemento indispensabile per intraprendere azioni di reindustrializzazione / riorganizzazione con modifica dei processi aziendali. 

Lo strumento del contratto di espansione non può essere considerato un vero e proprio incentivo – dato che la pensione anticipata commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’INPS, deve essere pagata dal datore di lavoro – ma è sicuramente utile per quelle aziende che hanno la necessità di procedere all’assunzione di personale dotato di professionalità non presente in azienda.

 

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