– Agosto 2021 – a cura di Filippo Capurro –
Corte d’Appello di Roma 03/02/2021 n. 1659 Pres. Brancaccio Rel. Casciaro
Non è soggetta alla decadenza nel termine di cui all’art. 32 comma 3, lett. c) L. 183/2010, l’impugnazione del trasferimento, quando quest’ultimo configuri un mero espediente del datore di lavoro per aggirare l’ordine di reintegrazione del lavoratore.
Secondo i giudici il datore di lavoro aveva posto in essere una evidente manovra di aggiramento dell’ordine giudiziale di reintegra, scomposta in più passaggi apparentemente leciti e segnatamente: adibizione del lavoratore non alle mansioni originarie, pur presenti nell’organigramma aziendale, ma ad altre diverse, inserimento in un reparto oggetto di imminente soppressione e di ricostituzione in altra sede, trasferimento del lavoratore unitamente al reparto in detta altra sede, applicazione di plurime sanzioni conservative per mancata esecuzione della prestazione nella nuova sede e infine licenziamento.
Tali passaggi, nella loro concatenazione causale, determinano un risultato illecito perché integrante un aggiramento del dictum di reintegra, distorcendo la funzione negoziale dei singoli atti in concreto impiegati al fine di perseguire il risultato vietato (art. 1344 c.c.).
Una volta inquadrata la vicenda nell’ambito dello schema della fraus legis i giudici ritengono che:
(1)
Non si appalesano vulnerati i dettami del richiamato art. 32 comma 3, lett. c) 1.183/2010, in quanto l’impugnativa di detto trasferimento si pone solo quale “ (…) ineludibile passaggio giuridico per addivenire alla declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare e strumentale all’accoglimento del petitum mediato” (Cass. n. 29007/2020).
(2)
Anche a voler riconsiderare la condotta del lavoratore nei suoi profili di proporzionalità, l’apprezzamento in ordine alla buona fede nell’esecuzione del contratto e in ordine alla proporzionalità dell’inadempimento ai fini dell’art. 1460 c.c. (eccezione di inadempimento), non può prescindere dalla ricostruzione dell’intero sviluppo del rapporto.
(3)
In ogni caso, la connessione teleologica delle condotte datoriali – anche di esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare – attuate in aggiramento del dictum di reintegra e dunque in frode alla legge, comporta la nullità del licenziamento e le conseguenze, in termini di reintegra, di cui all’art. 18, comma 1, L. 300/1970.