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Cass. 17 luglio 2015 n. 15058

È illegittimo il licenziamento dei dipendenti di un supermercato che si appropriano di alcuni prodotti alimentari, senza permesso, e li consumano all’interno dell’attività. Non conta la loro condanna in sede penale perché il giudizio penale concerne solo l’accertamento dei fatti materiali e non vincola l’autonomo apprezzamento del giudice del lavoro in termini di configurabilità della giusta causa o del giusto motivo di licenziamento. La valutazione sulla proporzionalità dell’addebito rispetto alla sanzione irrogata è riservata al giudice di merito.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una cooperativa di consumo circa il licenziamento irrogato nei confronti di cinque dipendenti sorpresi a mangiare merendine, gelati e succhi di frutta sottratti dalle scorte del supermercato in cui lavoravano

Peraltro, nel caso di specie i lavoratori erano stati denunciati e condannati in sede penale per l’appropriazione di beni aziendali, ma tale giudizio, secondo la Cassazione, non è vincolante per il giudice del lavoro il cui compito è quello di valutare la proporzionalità tra l’addebito e la sanzione del licenziamento: il giudice di merito, infatti “ha il dovere, in primo luogo, di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive disciplinari al disposto dell’articolo 2106 c.c. e rilevare la nullità di quelle che prevedono come giusta causa o giustificato motivo di licenziamento condotte per la loro natura assoggettabili, ex articolo 2106 c.c., solo ad eventuali sanzioni conservative”.

Considerata, pertanto, la tenuità del valore e dei generi alimentari e la scarsa consapevolezza dei dipendenti di commettere un illecito, gli addebiti mossi ai lavoratori non erano tali da mettere in discussione l’elemento essenziale della fiducia.