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Cass. 5 agosto 2015 n. 16465                       

Il licenziamento può ritenersi giustificato quando un’attività svolta dal lavoratore nel periodo di assenza per malattia possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio, con violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà.

La Cassazione ha ribaltato la decisione della corte d’appello, sancendo la legittimità del licenziamento, irrogato da un’azienda di trasporto pubblico, ad un dipendente che si dedicava, durante l’assenza per malattia (colica addominale), ad attività extralavorative che potevano pregiudicare la ripresa dell’attività (immersioni per pesca subacquea).

Sul punto, la Suprema Corte ha sottolineato come la condotta indisciplinata in questione, ossia lo svolgimento di attività extralavorativa in periodo di assenza dal lavoro per malattia, costituisca illecito di pericolo e non di danno: ciò sussiste pertanto non solo quanto quell’attività abbia effettivamente provocato un’impossibilità temporanea di ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia stata posta in pericolo, ossia quando il lavoratore si sia comportato in modo imprudente.

Tuttavia, la corte di merito non si era attenuta al suddetto criterio di giudizio, non avendo valutato se la malattia addominale fosse prudentemente compatibile con l’attività sportiva praticata: ne consegue la cassazione della sentenza impugnata.