Cass. 11 novembre 2016 n. 23100
La legittimità del licenziamento collettivo è garantita al lavoratore licenziato proprio dalla correttezza dell’iter procedimentale: sicché, se il datore di lavoro comunica un criterio decisamente vago, il lavoratore è privato della tutela assicuratagli dalla legge, perché la scelta in concreto effettuata dal datore di lavoro non è raffrontabile con alcun criterio oggettivamente predeterminato, con la conseguenza dell’assoluta discrezionalità del datore di lavoro nell’individuazione dei lavoratori da licenziare.
La Suprema Corte ha stabilito l’illegittimità di un licenziamento collettivo nell’ipotesi in cui l’azienda, pur avendo in corso con altri dipendenti un programma di incentivazione all’esodo, non lo ha applicato.
Il datore, infatti, aveva avviato una procedura di licenziamenti collettivi e il giudice di secondo grado, nel prendere tale decisione, da una parte escludeva la natura discriminatoria del recesso, dall’altra riteneva illegittima la procedura per la previsione di sottrazione al licenziamento delle posizioni “con contenuti specialistici e/o commerciali di particolare rilevanza per la funzionalità di strutture operative e strategiche per il gruppo aziendale”.
Risultano troppo generiche le motivazioni addotte dall’impresa per la non applicazione del programma di incentivazione all’esodo già in atto in azienda: non è legittima, infatti, la riserva di posticipazione della data di risoluzione del rapporto di lavoro riguardante esclusivamente i lavoratori aderenti all’esodo volontario incentivato, oggetto di un accordo sindacale e che colloca, di fatto, tali dipendenti al di fuori della disciplina del licenziamento collettivo.
Sul punto i giudici di legittimità hanno chiarito che la determinazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, “che si traduca in un accordo sindacale concluso dai lavoratori attraverso le associazioni sindacali che li rappresentano, deve rispettare il principio non solo di non discriminazione, ma anche di razionalità, alla stregua del quale i criteri concordati devono avere i caratteri dell’obiettività e della generalità ed essere coerenti col fine dell’istituto della mobilità dei lavoratori”.