Cass. 15 novembre 2015 n. 23286
In tema di prova di molestie sessuali in ufficio è sufficiente che a denunciare il datore sia più di una dipendente. Da ciò ne deriva l’illegittimità del licenziamento, perché discriminatorio, della lavoratrice che, al pari di colleghe ed ex colleghe, riferisce di essere stata oggetto di attenzioni erotiche da parte del capo.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso di un imprenditore, accusato da più dipendenti di essere un molestatore, confermando la condanna alla reintegra e al risarcimento a favore di una donna licenziata per ritorsione per non aver acconsentito alle avances.
I giudici di legittimità hanno argomentato la decisione partendo dal presupposto che le discriminazioni (di varia natura) ben possono agevolmente emergere dal tertium comparationis costituito dal trattamento positivamente praticato rispetto ad altre categorie di lavoratori: nel caso di molestie sessuali ai danni delle lavoratrici, il tertium comparationis si configura nel trattamento differenziale negativo (ossia il non avere i lavoratori maschi patito molestie sessuali), che ha una valenza presuntiva, logicamente, minore. Nonostante ciò, si applica al caso concreto il disposto dell’art. 40 D.Lgs. 198/2006 che pone sullo stesso piano le molestie sessuali e quelle di genere.