– a cura di Filippo Capurro – Giugno 2019 –
Il cosiddetto superminimo è l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi retrbutivi previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
Esso è individualmente pattuito tra datore di lavoro e lavoratore.
Il superminimo è soggetto al principio dell’assorbimento, che consiste nel fatto che, in caso di aumenti dei minimi del C.C.N.L. oppure di riconoscimento di un inquadramento a un livello superiore, esso viene assorbito dai conseguenti miglioramenti retributivi.
Ciò a meno che le parti abbiano convenuto diversamente o la contrattazione collettiva abbia altrimenti disposto, restando a carico del lavoratore l’onere di provare la sussistenza del titolo che autorizza il mantenimento del superbissimo (Cass. 09/09/2016 n. 17861 e Cass. 29/08/2012 n. 14689).
La giurisprudenza ritiene inoltre che, se risulta che il superminimo sia stato attribuito “ad personam”, ossia per compensare specifici meriti del lavoratore, esso non è comunque assorbitile.
Fatta questa premessa segnalo un caso interessante trattato di recente dal Tribunale di Milano (Trib. Milano 5 settembre 2018 est. Perillo).
Nel giudizio i ricorrenti si dolevano del fatto che il datore di lavoro – che in sede di assunzione aveva riconosciuto loro un superminimo individuale – il quale, benché qualificato come assorbibile, nel corso del rapporto ed in occasione di tutti i rinnovi contrattuali non era stato oggetto di alcun assorbimento. Con l’aumento previsto in due rate in sede di rinnovo del C.C.N.L. il datore di lavoro non aveva assorbito la prima tranche e aveva invece assorbito la seconda.
I lavoratori hanno sostenuto che, sebbene in alcuni casi il predetto superminimo fosse stato definito come potenzialmente assorbibile, di fatto la società non lo aveva mai reso tale, neppure in occasione dei rinnovi contrattuali, cosa che avrebbe determinato il sorgere di un uso aziendale.
In generale, circa gli usi aziendali, osservo che, secondo la giurisprudenza, la reiterazione costante e generalizzata di un comportamento favorevole del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti che si traduca in trattamento economico o normativo di maggior favore rispetto a quello previsto dai contratti (individuali e collettivi) integra, di per sé, gli estremi dell’uso aziendale, il quale, in ragione della sua appartenenza al novero delle cosiddette fonti sociali – tra le quali vanno considerati sia i contratti collettivi, sia il regolamento d’azienda e che sono definite tali perché, pur non costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività impersonale dei lavoratori di un’azienda – agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale e come tale modificabile solo dalle fonti collettive (Cass. 08/04/2010, n.8342).
l datore di lavoro, nel caso qui segnalato, affermava invece che la scelta della società di non procedere all’assorbimento nel corso degli anni non può assumere la natura di uso aziendale, attesa la presenza di una clausola, inserita nei contratti individuali degli odierni ricorrenti, che espressamente definiva come assorbibile la natura dell’emolumento retributivo in oggetto. In ogni caso, affermava il dato di lavoro, anche a voler riconoscere la sussistenza di una prassi aziendale così come invocata dai ricorrenti, questa avrebbe dovuto in ogni caso essere ritenuta interrotta per effetto del rinnovo del nuovo CCNL. In tale occasione, infatti, la società avrebbe legittimamente esercitato il proprio diritto potestativo di procedere all’assorbimento del superminimo negli incrementi stipendiali di fonte collettiva, non essendo tale potere precluso dalla nuova normativa collettiva, e comunque in linea con il tenore delle statuizioni individuali di cui si è detto.
Secondo il giudice invece l’illegittimità dell’assorbimento del superminimo operato dal datore di lavoro dipende dal fatto che nulla in tal senso era stato espressamente previsto dal CCNL al momento del rinnovo, come confermerebbe la modalità di corresponsione dell’incremento retributivo della prima tranche. Di conseguenza, l’uso aziendale invocato dagli odierni ricorrenti era ancora in vigore e, di conseguenza, il comportamento operato a danno dei dipendenti èdeve considerarsi illegittimo.
Nel caso di specie, è stato ritenuto che la reiterazione costante del predetto comportamento nel corso degli anni, per di più successiva alla stipulazione del contratto, con cui si è attribuito un pacifico vantaggio economico ai lavoratori, ha indotto il giudice a ritenere che nel rapporto contrattuale sorto tra le parti fosse pacificamente consolidato un uso aziendale che ha escluso l’assorbibilità del superminimo retributivo.
In conclusione riterrei prudente adottare quale cautela, nelle ipotesi in cui si decida di non procedere all’assorbimento del superminimo pur avendone titolo, comunicare per iscritto ai lavoratori che ciò viene fatto quale condizione di miglior favore riferita a quello specifico aumento e che ci si riserva espressamente di esercitare il diritto di assorbimento nelle occasioni successive. Inoltre, ove possibile, effettuerei qualche volta l’assorbimento in modo da non dare costanza alla condotta datoriale.