– di Filippo Capurro –
Il licenziamento per inidoneità sopravvenuta, ossia perché il lavoratore è divenuto fisicamente non idoneo alla mansione, è una manovra alquanto complessa per l’operatore del diritto.
La normativa e la giurisprudenza impongono al datore di lavoro, nel caso in cui il lavoratore divenga fisicamente inidoneo alla mansione, ad adibirlo, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo, il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza (art. 42, d.lgs. 81/2008).
Ove ciò non sia possibile, risulta possibile effettuare il licenziamento.
L’aspetto critico è che è assai frequente che, nel corso del giudizio nel quale il giudice è chiamato a valutare la legittimità del licenziamento, il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) nella prassi facilmente reperisce, sovente in modo rocambolesco, una qualche mansioni attribuibile al lavoratore, spesso inventandola di sana pianta.
Il guaio è che le conseguenze sanzionatorie per un licenziamento illegittimo fondato sull’inidoneità sopravvenuta sono alquanto severe, comportando di fatto la reintegrazione nel posto di lavoro, sia nell’ambito dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, sia nel contesto della disciplina delle c.d. tutele crescenti (Jobs Act) applicabile agli assunti dal 07/03/2015.
La sentenza che segnaliamo oggi è assai interessante.
Il caso riguardava un dipendente di un’area di servizio autostradale che svolgeva mansioni di pompista. La mansioni ritenvenuta nell’ambito del giudizio era quella di addetto alla pompa self service.
La Suprema Corte di Cassazione contesta questa soluzione rilevando che:
- si tratterebbe di un profilo che non risulta previsto dal contratto collettivo;
- tutti i colleghi addetti alle pompe servite si alternano a quella self, dunque ammettere un simile repechage equivarrebbe a imporre al datore di lavoro una prestazione parziale e non satisfattiva del suo interesse laddove l’utilizzazione sarebbe soltanto parziale;
- adibire gli altri lavoratori sempre e soltanto alle pompe servite significherebbe esporli a un maggiore rischio per via del contatto con la benzina.
E’ importante il principio generale per cui non si può pretendere che il datore di lavoro sposti altri dipendenti modificando la tipologia delle loro mansioni poiché l’organizzazione aziendale è insindacabile e tutelata dall’articolo 41 della Costituzione sulla libertà di iniziativa economica.
Scarica la sentenza Cass. 5 aprile 2018 n. 8419
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