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Pubblichiamo una sentenza relativa a un contenzioso seguito dal nostro Studio, nell’ambito del quale abbiamo difeso un dirigente.

L’aspetto interessante del caso è l’applicazione al dirigente di una forma di tutela sanzionatoria raramente applicata ai dirigenti, ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno.

Ciò è stato possibile chiedendo l’applicazione della norma (art. 18, comma 1 Statuto dei Lavoratori) che estende a tutti i lavoratori tale forma di tutela nel caso di licenziamento discriminatorio, ritorsivo o fondato su motivo illecito determinante ed esclusivo.

In particolare, per quanto interessa il caso che abbiamo seguito, è stato osservato che il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta costituisce l’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunata nella reazione, con conseguente nullità del licenziamento, quando il motivo ritorsivo sia stato l’unico determinante e sempre che il lavoratore ne abbia fornito prova, anche con presunzioni.

Nel caso che ci occupa il Giudice, dopo aver rilevato che la dedotta giusta causa posta a base del licenziamento era assente e che non sussisteva neppure la “giustificatezza” soggettiva a fondamento del recesso, ha accertato che il licenziamento del dirigente deve dunque essere qualificato sia come ritorsione indiretta (rispetto alla condotta dell’AD, che aveva presentato le dimissioni, e comunque era ritenuto responsabile di condotte disciplinarmente rilevanti, tali da renderlo soggetto non più gradito alla società), sia come recesso fondato su motivo illecito determinante ed esclusivo.

Il motivo ritorsivo e illecito è stato ritenuto unico e determinante, alla luce della già ritenuta assoluta inconsistenza delle contestazioni disciplinari mosse al ricorrente. 

Scarica l’ordinanza Tribunale di Milano 10 aprile 2018, est. Tomasi

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(Foto by Pixabay)