– Agosto 2021 – a cura di Filippo Capurro –
Corte d’Appello Roma 04/03/2021 n. 885 Pres. Di Sario Rel. Rosa
(1) Rito
L’accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro in capo al committente, se funzionale alla tutela ex art. 18 Stat. lav., può avvenire nell’ambito del c.d. “Rito Fornero”.
(2) Onere della prova
Il criterio discretivo per individuare una legittima dissociazione tra formale datore di lavoro e sostanziale utilizzatore delle prestazioni lavorative è la riconduzione della fattispecie concreta alle ipotesi normativamente tipizzate.
Pertanto, in ragione della peculiarità della fattispecie dell’appalto di servizi, estranea alla tradizionale configurazione del rapporto di lavoro in cui compaiono due sole parti (lavoratore e datore di lavoro), è imprescindibile che sia il committente a dover fornire la prova puntuale dell’esistenza e dell’esecuzione del contratto di appalto nell’ambito del quale è stata resa la prestazione di lavoro.
Laddove ciò non avvenga, di fronte all’assenza di accordi tra la società effettiva utilizzatrice delle prestazioni dei lavoratori e quella intermediaria che ha proceduto alle loro assunzioni, consegue l’individuazione del datore di lavoro nel soggetto che effettivamente utilizza la prestazione lavorativa.
Ove, come nel caso in esame, manchi il titolo e non sia provato lo schermo formale del contratto di appalto, non è necessario verificare, in concreto le mansioni svolte e la riconducibilità dell’attività lavorativa svolta allo schema legale tipico del contratto di appalto.
(3) Imputazione degli atti
Il licenziamento irrogato dal formale datore di lavoro è stato poi ritenuto posto in essere dall’effettivo utilizzatore, ai sensi dell’art. 29 comma 3 bis, d.lgs 276/2003 e dei vari rimandi opportunamente interpretati: art. 27, comma 2 d.lgs. 276/2003 e successivamente art. 38, comma 3, secondo periodo, d.lgs. n. 81/2015). Conseguentemente sussiste l’onere del lavoratore di impugnare il licenziamento nei confronti dell’utilizzatore.
Ricordo però che l’art. 80 bis, DL 34/2020 – norma di interpretazione autentica dell’art. 38, comma 3 d.lgs. n. 81/2015 (applicabile anche in materia di appalti non genuini) – ha escluso il licenziamento dagli atti di gestione del rapporto imputabili all’utilizzatore, rendendone, tra l’altro, non necessaria l’impugnazione in quanto tamquam non esset.
Effetto quest’ultimo che, peraltro, non mi parrebbe il solo rilevante.