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Cass. 13 luglio 2016 n. 14305

Il lavoratore che produca, in una controversia di lavoro intentata nei confronti del datore di lavoro, copia di atti aziendali, e riguardino direttamente la sua posizione lavorativa, non viene meno ai doveri di fedeltà, di cui all’articolo 2105 c.c., tenuto conto che l’applicazione corretta della normativa processuale in materia è idonea a impedire una vera e propria divulgazione della documentazione aziendale e che, in ogni caso, al diritto di difesa in giudizio deve riconoscersi prevalenza rispetto alle eventuali esigenze di segretezza dell’azienda.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una società, nei confronti della decisione della corte territoriale che aveva giudicato illegittimo il licenziamento: nel caso di specie, il lavoratore, in causa con l’azienda per il riconoscimento di mansioni superiori, si era impossessato di documenti utili per la controversia, con un invio dalla mail aziendale alla casella di posta personale, oltre ad aver reso pubblica una lettera inviata dal direttore a una dipendente.

Secondo i giudici di legittimità, l’azienda non ha provato che ci fosse il divieto di lavorare o ultimare il lavoro da casa e quindi di trasmettersi documentazione via e­mail all’indirizzo privato; né, peraltro, la trasmissione di corrispondenza dalla casella di posta aziendale a quella personale era in contrasto con direttive o prassi aziendali. La condotta in questione, infatti, non è né truffaldina né abusiva, posto che la divulgazione di notizie aziendali riservate è passibile di licenziamento solo in caso di attività in concorrenza.