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– a cura di Filippo Capurro – Dicembre 2021 –

Segnalo Cass. 28/10/2021 n. 30490 , estremamente interessante e dalle grandi implicazioni operative, circa il modo di operare del doppio termine di cui all’art. 32, comma 4, lett. d), L. n. 183/2010, che regola la decadenza dall’impugnazione per il caso di appalto non genuino.

Secondo la Suprema Corte esso non decorre in assenza di una comunicazione scritta equipollente a un atto di recesso del committente.

Nell’ambito di un’accurata ricostruzione generale della materia dei termini di decadenza contenuti nel Collegato Lavoro (art. 32, L. 183/2010), la Suprema Corte effettua alcune eloquenti considerazioni.

Riporto di seguito i passaggi più significativi.

“Sempre questa  S.C.  ha  chiarito  che in  tanto  è configurabile  la decadenza de qua in quanto vi sia, a monte, un provvedimento datoriale  da ‘impugnare’,  ossia da “contestare o confutare”.

“Come è stato da questa Corte già affermato, l’esito di un esame complessivo della clausola di cui alla lett. d) citata,  per come formulata, non può che presupporre un ‘contatto tra il lavoratore e un soggetto diverso dal formale titolare del contratto (Cass. 7 novembre 2019, n. 28750).
Resta da domandarsi di che tipo debba essere tale ‘contatto’.”

“Si cominci con il dire che lì dove il  legislatore  ha voluto prescindere da un atto formale oggetto dell’impugnazione lo ha reso esplicito – v. lett. a) e b) – e in tali casi ha espressamente individuato un altro dies a quo, certo, a partire dal quale calcolare il termine di decadenza.”

Né può sostenersi, sempre con riferimento all’appalto, che il dies a quo per far decorrere il termine di decadenza possa essere individuato nell’esatta data di scadenza dell’appalto medesimo con l’impresa appaltatrice, vuoi perché una precisa data di scadenza ben può mancare, vuoi perché di essa il lavoratore – vale a dire il soggetto onerato dell’impugnativa – normalmente non è a conoscenza.
Né detto dies a quo può individuarsi nella data dell’eventuale licenziamento intimato dall’interposto nel rapporto di lavoro: tale licenziamento è giuridicamente inesistente perché proviene da soggetto diverso da quello che si assume essere il reale datore di lavoro (v. Cass. 6 luglio 2016, n. 13790; Cass. 11 settembre 2000, n.119570).”

“Per l’effetto, fin quando il lavoratore non riceva un provvedimento in forma scritta che neghi la titolarità del rapporto o comunque sia equipollente ad un atto di recesso, non può decorrere alcun termine decadenziale”.

E quindi il “contatto” o meglio il “provvedimento” deve promanare dal pseudo committente.