ScaricaStampa

– Settembre 2023 –

LA PRONUNCIA

Trib. Torino 27/04/2023 n. 429 est. 6246, est. Salvatori

IL PERIMETRO

Le dimissioni del lavoratore a seguito di un trasferimento a una sede che si trova a oltre 50 km e/o raggiungibile in più di 80 minuti con i mezzi pubblici va ritenuta una scelta imputabile a terzi e non volontaria, sussistendo il diritto di percepire la NASpI.

Nel caso di specie l’INPS aveva negato la NASPI al lavoratore sul presupposto che esso non era cessato per risoluzione consensuale, come invece richiesto dal Messaggio INPS n. 369/2018.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Art. 3, d.lgs. 22/2015; Circolare INPS 29/07/2015 n. 142; Messaggio INPS 26/01/2018 n. 369.

I “PASSAGGI” SALIENTI DELLA PRONUNCIA

“(…) occorre verificare se la scelta di dimettersi sia frutto di una decisione spontanea e volontaria della lavoratrice, ovvero sia stata indotta dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro conseguenti al trasferimento ad altra sede imposto dal datore di lavoro.  A questo proposito, occorre rilevare come è lo stesso Istituto che ritiene che il 

trasferimento ad altra sede dell’azienda, distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici, configuri una notevole variazione delle condizioni di lavoro.
(…)

Per le medesime ragioni, la decisione del lavoratore di dimettersi dopo aver subito un trasferimento di tale natura, a prescindere dalla legittimità o meno della scelta organizzativa datoriale, deve ritenersi una scelta imputabile a terzi, non volontaria ed a cui consegue il diritto di percepire l’indennità NASPI. 

Del resto, la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è sostanzialmente equiparabile alle dimissioni, non essendoci alcuna differenza concettuale tra la dichiarazione di volontà con cui il lavoratore pone unilateralmente termine al rapporto di lavoro e la dichiarazione di volontà che confluisce, unitamente ad analoga dichiarazione del datore di lavoro, nell’accordo oggetto di risoluzione consensuale. 

(…)

In conclusione, le dimissioni rassegnate dall’odierna ricorrente devono ritenersi involontarie perché determinate da una condotta datoriale che ha reso obbligata la scelta della dipendente, di qui la ricorrenza nella fattispecie in esame del requisito della “perdita involontaria” dell’occupazione.

OSSERVAZIONI

Il principio è chiaro e coerente con le finalità di legge.

Oltre agli atti interpretativi sopra menzionati, sia però consentito citare, in materia di dimissioni per giusta causa e di indennità di disoccupazione (sia pure nell’ambito della precedente disciplina) la assai interessante Circolare INPS 20/10/2003 n. 163.

PRECEDENTI

Nell’identico senso Trib. Udine 07/03/2023 n. 73 est. Chiarelli.