Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo conseguente alla chiusura del reparto a cui l’ex dipendente era adibito è legittimo anche se il datore di lavoro, dopo il recesso, ricorre per tempi limitati a lavoratori a termine o somministrati.
L’impiego di risorse esterne all’azienda per lo svolgimento di mansioni che potevano essere affidate al dipendente licenziato non è idoneo a rappresentare una violazione dell’obbligo di repêchage, laddove ciò avvenga per tempi assolutamente limitati, collocandosi in specifici periodi di punta, a condizione che il ricorso a tali risorse esterne avvenga limitatamente e comporti un esborso inferiore a quello dovuto per il mantenimento di unità di personale assunta a tempo indeterminato.
Ricordiamo che l’obbligo di repêchage, che ha origine giurisprudenziale, attiene al fatto che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è considerato legittimo solo se non esistono altre mansioni attribuibili al lavoratore in esubero. In altre parole il licenziamento deve essere l’extrema ratio, dovendo sempre essere preferita, laddove possibile, l’assegnazione al lavoratore di una posizione alternativa. Per questo motivo il giudice analizza anche le assunzioni effettuate nel periodo precedente e successivo al licenziamento le quali possono costituire indice dell’esistenza di mansioni disponibili non attribuite al lavoratore licenziando e quindi della violazione dell’obbligo di repêchage.
Scarica la sentenza Cassazione 25 luglio 2018 n. 19731
Sempre sul repêchage nel nostro sito