– a cura di Angelo Beretta – Febbraio 2020 –
Il rapporto di lavoro nel pubblico impiego – come noto – è stato sottoposto alla c.d. privatizzazione agli inizi degli anni novanta (d.Lgs. 29/1993) e si è completata circa 10 anni dopo con il testo unico sul Pubblico Impiego (d.Lgs. 165/2001).
La c.d. privatizzazione del pubblico impiego consiste essenzialmente:
- nell’applicazione delle disposizioni di diritto privato al rapporto di pubblico impiego;
- nell’applicabilità della disciplina della contrattazione collettiva;
- nell’assegnare alla pubblica amministrazione-datrice di lavoro i medesimi poteri di gestione del rapporto tipici del datore di lavoro privato.
L’applicazione delle disposizioni di diritto privato nel pubblico impiego è però spesso sottoposta a regole normative e/o contrattuali molto specifiche che di fatto creano una disciplina assolutamente specifica.
Vi segnaliamo a tal proposito un’interessante Delibera dell’Ispettorato Interregionale del Lavoro (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) dello scorso 24/01/2020, relativa a un gruppo di casi dei quali ci siamo occupati in riferimento al lavoro straordinario di alcuni dipendenti di un Comune.
Il caso affrontato dall’Ispettorato Interregionale del Lavoro è il seguente.
l’Ispettorato Territoriale del Lavoro aveva inviato ad un Comune varie diffide accertative relativamente a somme – e conseguentemente oneri previdenziali – ritenute dovute ad alcuni dipendenti pubblici addetti a un servizio di trasporto.
Le diffide accertative si basavano sull’orario di ingresso e di uscita riportati sui cartellini marcatempo vidimati da parte dei lavoratori (equiparabili agli estratti delle timbrature del badge).
Gli Ispettori, rilevata l’esistenza di lavoro eccedente le 36 ore settimanali e tentato infrottuosamente un tentativo di conciliazione con i lavoratori coinvolti, avevano provveduto ad inviare al Comune le diffide accertative in oggetto, contro le quali lo stesso aveva presentato ricorso in sede amministrativa.
L’Ispettorato Interregionale del Lavoro ha accolto i (nostri) ricorsi proposito nell’interesse del Comune in questione, basando i propri provvedimenti sulle seguenti argomentazioni giuridiche:
- le attività di lavoro straordinario possono essere riconosciute economicamente solamente in presenza di un provvedimento autorizzatorio. Non è pertanto sufficiente lo svolgimento di attività oltre il normale orario di lavoro. Non è pertanto nemmeno sufficiente che il responsabile diretto sia consapevole dello svolgimento di prestazioni aggiuntive. E’ richiesto un “provvedimento” e pertanto la decisione deve essere adottata con atto formale scritto, che identifichi il perimetro dell’intervento straordinario al fine di giustificarne l’impegno di spesa.
- Il provvedimento autorizzativo deve essere di regola preventivo. Solamente in casi eccezionali è configurabile un provvedimento successivo, in funzione di sanatoria delle prestazioni già svolte, quando le prestazioni lavorative straordinarie non fossero prevedibili, e fossero inoltre indifferibili e urgenti.
- In linea di principio – pertanto – non sono ammissibili autorizzazioni implicite. Questo comporta che non rientrano nella categoria dei provvedimenti autorizzatori i cartellini marcatempo vidimati da parte dei lavoratori, nemmeno nel caso in cui l’ente non abbia mai provveduto a contestare la correttezza dei dati riportati negli stessi
A quanto sopra occorre inoltre ricordare che gli Enti Locali hanno la facoltà unilaterale – attribuita dall’art. 38 bis C.C.N.L. Enti Locali del 14/09/2000 – di far confluire le ore di straordinario (autorizzate secondo i criteri sopra indicati) nell’ambito della c.d. “Banca Ore”, evitando in tal modo di provvedere al riconoscimento economico tanto delle ore di lavoro aggiuntivo quanto delle maggiorazioni previste dalla contrattazione collettiva.