– a cura di Filippo Capurro –
Una recente sentenza è intervenuta sulle conseguenze del licenziamento disciplinare irrogato una volta decorso il termine finale previsto dal contratto collettivo per l’irrogazione della sanzione.
La norma del contratto collettivo del caso trattato – ricorrente peraltro in numerosi contratti collettivi – prevede che, decorso il termine stabilito, le giustificazioni del lavoratore devono ritenersi accolte dal datore di lavoro.
I giudici hanno pertanto affermato che il licenziamento “doveva perciò considerarsi non semplicemente inefficace per il mancato rispetto di un termine procedurale (al pari dell’intempestività della contestazione oggetto della pronuncia di questa Corte, a sezioni unite, n. 30985 del 27 dicembre 2017) (…) bensì illegittimo per l’insussistenza del fatto contestato per avere il datore di lavoro accolto le giustificazioni a discolpa del dipendente e dunque per la totale mancanza di un elemento essenziale della giusta causa”.
La conseguenza è stata dunque l’applicazione dell’art. 18, comma 4, L. 300/1970, ossia la c.d. tutela reintegratoria attenuata (reintegrazione e risarcimento del danno fino a un massimo di 12 mensilità) e non invece l’art. 18, comma 6, che prevede la sola sanzione indennitaria ridotta (per gli assunti ante Jobs Act) da 6 a 12 mensilità.
Le questioni relative alla procedura disciplinare nel rapporto di lavoro e ai suoi vizi sono molte. Si rinvia ai vari articoli del nostro sito sul tema, al seguente link: