– a cura di Filippo Capurro –
L’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, norma peraltro più volte rimaneggiata dal legislatore, stabilisce oggi che:
“In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. (…)”
Nel caso della sentenza qui segnalata alcune lavoratrici di una cooperativa avevano convenuto in causa la società che gestiva il residence presso il quale avevano prestato attività di rifacimento delle stanze, nell’ambito di un appalto di servizi. In particolare le stesse chiedevano il pagamento di alcune voci retributive, facendo valere appunto la responsabilità solidale.
La convenuta si era difesa affermando di non aver mai intrattenuto alcun rapporto né direttamente con le ricorrenti, né con la cooperativa dalla quale le stesse dipendevano, non avendo mai sottoscritto alcun contratto di appalto con quest’ultima, ma con altra società di servizi di housekeeping.
Rileva però il giudice che l’assenza di affidamento diretto al datore di lavoro del soggetto che attiva la responsabilità solidale, è irrilevante ove vi siano elementi per ritenere l’esistenza di una filiera di appalto e/o di affidamento intraconsortile più articolata e complessa, che leghi contrattualmente, attraverso i meccanismi del subappalto o dell’affidamento, il committente con il datore di lavoro dei lavoratori che hanno svolto l’attività lavorativa.
Significativo è poi un passaggio della sentenza in cui si afferma che argomenti significativi sulla ricostruzione della filiera possono ricavarsi dalla mancata ottemperanza da parte dei terzi chiamati contumaci all’ordine di produzione di documenti, nonché dal comportamento della committente che, non si è premurata, anche mediante acquisizione di informazioni presso il contraente diretto, funzionali alla esatta ricostruzione degli ulteriori passaggi della filiera.
Qualche anno fa svolgevo simili considerazioni in merito a un’altra sentenza che aveva affrontava sempre il tema della ricostruzione della filiera. A mio modo di vedere, scrivevo, obblighi di informazione in capo ai vari soggetti della filiera possono essere tratti dai principi giuridici di correttezza e buona fede con implicazioni rilevanti, sia in materia di prova che di spese processuali. Mi sia consentito a questo proposito rinviare a una mia nota pubblicata dalla Rivista Critica di Diritto del Lavoro (“Responsabilità solidale in materia retributiva: chi è il committente? cos’è l’appalto?”) che è possibile scaricare a questo Link.
Scarica Trib. Milano 16 novembre 2018 n. 2928 est. Lombardi