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– a cura di Filippo Capurro e Marzia Brianza – Febbraio 2020 –

(1) Il caso specifico

Il Tribunale di Monza (Trib. Monza Sez. Lavoro 29/01/2020 est. Rotolo ) ha dichiarato la decadenza del lavoratore dal diritto di impugnare il licenziamento, ritenendo non efficace l’impugnazione inviata dal difensore a mezzo di propria PEC.

Nel caso specifico alla PEC dell’avvocato era allegata una lettera di impugnazione, scansita (e quindi in formato PDF) sottoscritta esclusivamente dall’avvocato e priva della sottoscrizione autografa e digitale del lavoratore, nonché della sottoscrizione digitale del difensore.

(2) Lo spettro dell’indagine

Ci soffermeremo di seguito sulla pronuncia, non senza contemplare altre ipotesi di impugnazione con comunicazione del legale, per cercare di fissare alcuni punti fermi sulla materia.

(3) L’impugnazione del licenziamento

Anzitutto va osservato che, per quanto qui interessa, l’art. 6, comma 1, L. 604/1966 recita:

“Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso”. 

Solo una notazione non di stretto interesse per questa riflessione ma per evitare equivoci: con l’art. 1, comma 37, L. 92/2012 (Legge Fornero) il legislatore ha disposto che i motivi del licenziamento siano specificati contestualmente alla comunicazione del licenziamento, cioè nella stessa lettera e, dunque, non dopo che il lavoratore ne abbia fatto richiesta, come in precedenza; sostituendo, pertanto, il comma 2 dell’articolo 2 della l. n. 604/1966 che, d’ora in poi, risulta così formulato: “La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato”.

Quindi i 60 giorni dell’impugnazione di fatto decorrono dalla data di ricezione del recesso.

Il termine di 60 giorni è perentorio in quanto, decorso lo stesso, il licenziato decade dal proprio diritto di contestare il provvedimento.

L’impugnazione è una manifestazione di volontà negoziale, riconducibile allo schema proprio del negozio giuridico, in quanto manifestazione di volontà diretta ad uno scopo pratico tutelato dal diritto, od anche come manifestazione di volontà le cui conseguenze giuridiche sono dirette ad attuare il fine pratico voluto e tutelato dalla legge.

A sua volta l’art. 2702 c.c.“Efficacia della scrittura privata” – recita:

“La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.

(4) La decisione del caso trattato

Il Giudice ha anzitutto ricordato che il soggetto impugnante è tenuto a rispettare la disciplina prevista per la modalità di impugnazione che ritiene liberamente di scegliere. 

Qualora egli si avvalga della scrittura privata, quest’ultima deve necessariamente recare la firma autografa (del lavoratore), che è prescritta dall’art. 2702 c.c., ai fini dell’efficacia della scrittura privata stessa. 

Quanto alla formazione e alla trasmissione di documenti informatici e di copie informatiche di documenti analogici, essa, rileva il giudice, è disciplinata dal d.lgs. 82/2005 (c.d. “Codice dell’Amministrazione Digitale” – CAD, il cui testo vigente è il risultato di numerosi interventi di modifica: d.L.vo 179/16, d.L.vo 217/17).

Sulla base di tale normativa il giudice distingue tra:

  1. “documento informatico”, che è definito dall’art. 1, comma 1, lett. p) d.lgs. 82/2005 come il “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti fatti o dati giuridicamente rilevanti”; e
  2. “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” che è definita dalla lett. i-ter) quale il “documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto”. 

Per tali due fattispecie la normativa detta regole diverse.

Il documento informatico in senso stretto soddisfa il requisito della forma scritta e possiede l’efficacia di cui all’art. 2702 c.c. “quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, quando è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AGID (…)”. 

In assenza di tali caratteristiche, invece, l’idoneità del documento (informatico) a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio possono solo essere liberamente valutati in giudizio. 

Costituisce un’ipotesi di valido documento informatico la PEC alla quale è allegata una scansione dell’impugnativa cartacea se la scansione sia stata firmata digitalmente dal lavoratore.

In questo caso l’identificazione informatica del suo autore non può essere messa in dubbio, in quanto, in tal caso, la scansione non ha semplicemente il carattere di copia elettronica di documento analogico, ma presenta i caratteri del documento informatico contenendo la rappresentazione informatica dell’impugnazione del licenziamento, che assume tale rilievo in virtù della sottoscrizione digitale.

Sulla base della normativa citata è la sottoscrizione digitale che attribuisce ai segni grafici riprodotti nella scansione il significato stesso di dichiarazione, collegando lo sua emissione al sottoscrittore digitale. 

Nell’ipotesi in cui la scansione dell’impugnazione cartacea non sia stata sottoscritta digitalmente, essa conserva la natura di mera “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico”, la cui efficacia probatoria ex art. 22 d.lgs 82/05 sussiste solo in due ipotesi:

  • ai sensi del comma 2, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato in virtù della vigente normativa; 
  • oppure, ai sensi del comma 3, se siano state formate nel rispetto delle Linee guida AGID (o fino all’adozione di quest’ultime nel rispetto delle regole tecniche contenute nel D.P.C.M. 13/11/14 e relativi allegati) e la loro conformità all’originale non sia espressamente disconosciuta. 

Osserva ancora il giudice – che la scansione dì impugnativa cartacea di licenziamento, che come detto di per sé costituisce una mera copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico – per poter avere la validità e l’efficacia della scrittura privata ai sensi dell’art. 2702 c.c., sembra necessariamente dover possedere, alternativamente, le seguenti caratteristiche:

  1. essere sottoscritta dal lavoratore con firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata; in tal caso, la scansione acquista natura di documento informatico (art.1, co.1, lett.p), ed è dotata dell’efficacia della scrittura privata (art.20, co.1-bis); oppure
  2. essere accompagnata da (valida) attestazione di conformità da parte di un notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (art.22, co.2). 

Nel caso affrontato dal Tribunale di Monza l’atto cartaceo scansionato conteneva la sola sottoscrizione del difensore e quindi, la procedura di trasmissione mediante PEC da parte del difensore certifica l’avvenuta spedizione e ricezione della comunicazione, con conseguente individuazione con certezza sia del mittente che del destinatario, ma non poteva certificare la conformità degli atti allegati. 

(5) Quando il difensore può impugnare il licenziamento: principi giuridici applicabili

Proviamo a fare qualche passo avanti, e partiamo dai principi consolidati in materia di impugnazione del licenziamento.

(5.1) La procura al difensore o, in alternativa, la ratifica

Ancora nel mondo delle raccomandate cartacee, le Sezioni Unite della Suprema Corte  hanno affermato che è efficace l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento mediante lettera sottoscritta dal solo difensore se:

  1. egli è munito di procura scritta (avente data certa) rilasciata prima del termine di decadenza e prevedendo, per l’ipotesi di difetto di procura;
  2. vi è stata ratifica da parte del lavoratore, purché tale ratifica richiami in modo specifico l’atto compiuto dal falsus procurator, sia fatta per iscritto e sia comunicata o notificata al datore di lavoro prima della scadenza del suddetto termine di decadenza.

Importante sul punto è Cass. Sezioni Unite 02/03/1987, n. 2180.

Conformi sono Cass. 01/02/2019, n. 3139; Cass. 23/04/2014, n. 9182; Trib. di Milano 27/01/2018 n. 2900; Trib. Roma, 01/08/2019,  n. 6997.

(5.2) L’anteriorità della procura

L’eventuale anteriorità della procura rispetto all’impugnativa potrà in ogni caso dimostrarsi in giudizio con ogni mezzo (Cass. 10/02/2017,  n. 3634).

Ma è opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che la prova non è semplice se non si adottano mezzi convincenti, come un timbro postale o una marca temporale o uno scambio di PEC.

Evidenziamo altresì che, ferma restando la necessità della data certa a prova della ricordata anteriorità, la procura, non deve necessariamente essere comunicata al datore di lavoro nel termine di cui al citato art. 6, al datore di lavoro (Cass. 01/02/2019, n. 3139). Mentre, secondo i principi generali, lo deve essere la ratifica.

Quanto alla questione se la procura ad litem, rilasciata al difensore per il deposito del ricorso giudiziario, sia idonea aia fini della valida impugnazione del licenziamento ad opera del solo difensore, secondo Cass. 19/06/2019, n. 16416:

“(…) La procura alle liti, conferita dal lavoratore al difensore in vista dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce al procuratore il potere di compiere tutte le attività, anche stragiudiziali, alle quali è condizionato il valido esercizio dell’azione, sicché ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente all’atto di impugnazione ex art. 6 della l. n. 604 del 1966, quest’ultimo, se sottoscritto dal solo difensore, spiega effetti nella sfera giuridica del rappresentato anche nell’ipotesi in cui al datore di lavoro non sia stato contestualmente comunicato in copia l’atto attributivo del potere di rappresentanza, dovendosi ritenere che l’anteriorità della procura rispetto all’atto di impugnazione escluda che si sia in presenza di attività compiuta da “falsus procurator” e renda dunque inapplicabile la disciplina della ratifica ex art. 1399 c.c.. Ai fini della dimostrazione della anteriorità del rilascio rispetto al deposito del ricorso, la procura ex art. 83 c.p.c. è assistita da efficacia privilegiata anche in relazione alla data di compimento dell’atto, attestata dal difensore nell’esercizio di una funzione pubblicistica (…).”. 

Da un lato va osservato che l’art. 83 c.p.c. (come modificato dall’art. 45 della l. 69/2009) recita:

“Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura.

La procura alle liti può essere generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso (…). In tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica 2 (…).”

La certificazione dell’autografia della sottoscrizione della procura alle liti da parte del difensore può essere contestata soltanto con la querela di falso, poiché la dichiarazione della parte con la quale questa assume su di sé gli effetti degli atti processuali che il difensore è destinato a compiere, pur trovando fondamento in un negozio di diritto privato (mandato), è tuttavia destinata ad esplicare i propri effetti nell’ambito del processo, con la conseguenza che il difensore, con la sottoscrizione dell’atto processuale e con l’autentica della procura, compiendo un negozio di diritto pubblico, riveste la qualità di pubblico ufficiale (Cass. nn. 19785/2018 e 17473/2015).

Tuttavia, e questo è un punto delicatissimo, a noi pare che sia assai dubbio che l’autentica della firma ne certifichi anche la data certa. In altre parole, un conto è se il ricorso è depositato prima del decorso del termine per l’impugnazione del licenziamento (cosa peraltro assai rara) – cosa che oltretutto renderebbe persino inutile una separata impugnativa del licenziamento – altra cosa se esso è depositato in epoca successiva.

L’autentica infatti, esplica i propri effetti per così dire di certificazione pubblicistica, solo se congiunta materialmente all’atto cui si riferisce.

(5.3) … quindi … la firma digitale del solo difensore …

Dall’ordinanza del Tribunale di Monza qui commentata sembra desumersi una circostanza peculiare: il Giudice afferma che nessun dubbio sussisterebbe circa la validità ed efficacia ai sensi dell’art. 6 L. 604/66 della trasmissione via PEC di una scansione di impugnativa cartacea qualora la stessa fosse “firmata digitalmente dal lavoratore e/o dal legale”.

La locuzione “e/o” indica alternativamente il lavoratore o il legale facendo chiaramente emergere che ai fini di una piena validità ed efficacia ex art. 6, L. 604/66 dell’impugnazione di licenziamento sarebbe sufficiente, secondo tale Giudice, anche la sola sottoscrizione digitale dell’avvocato.

A nostro giudizio, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, la firma digitale del solo legale presuppone la previa delega o la successiva ratifica del lavoratore nei modi e nelle forme appropriate.

I principi sopra esposti relativi alla procura e alla ratifica sono certamente affidabili se applicati con scrupolo e rigore, ma una deviazione rispetto allo schema è alquanto pericolosa e può comportare la temuta decadenza dal diritto di impugnativa e quindi di azione.

Scarica Tribunale di Monza 29 gennaio 2020 est. Rotolo

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