– di Filippo Capurro – © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’utilizzo dei servizi resi da appaltatori è assai frequenti sia nelle piccole che nelle grandi imprese.
Pensiamo ad esempio ad appalti di servizi semplici, come le pulizie, per passare a servizi più complessi cone di IT o di logistica per movimentazione e spedizione merci.
Le questioni delicate che possono presentarsi per un imprenditore che utilizzi l’appalto sono diverse. Proviamo qui di seguito a percorrere brevemente le principali.
1. L’importanza che l’appalto sia “genuino” e che non costituisce un mero “acquisto di manodopera”?
Va subito precisato che il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione e, indirettamente, il contratto di appalto lecito si distingue da quello illecito, per il fatto che nel primo incombe sull’appaltatore (ossia su chi rende il sevizio) il rischio d’impresa nonché l’organizzazione dei mezzi necessari all’esecuzione dell’appalto.
Tale organizzazione può anche risultare – tenuto conto dell’attuale evoluzione dei sistemi produttivi, che possono essere incentrati anche solo nella razionale gestione della forza lavoro – dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto.
Segnaliamo una recente sentenza del Tribunale di Milano che ha affrontato il tema della genuinità dell’appalto in un interessante caso di servizi di logistica (Tribunale di Milano 3 novembre 2017, est. Lombardi).
Nel caso di specie è stato precisato che l’organizzazione dei mezzi deve essere effettiva e sostanziale e può essere realizzata anche da una genuina impresa cd. “leggera” o “dematerializzata”, in cui l’organizzazione del fattore lavoro sia prevalente sul capitale, purché idonea a soddisfare le esigenze dedotte in contratto.
Nella fattispecie trattata, quanto alla sussistenza di potere direttivo ed organizzativo, era emerso che:
- la maggior parte delle operazioni svolte nell’appalto fossero gestite sulla basi di processi informatici predefiniti e codificati;
- da particolari esigenze della committenza, in ordine a quantitativi di lavoro e tempi di lavorazione, era potuta occasionalmente derivare un’indiretta incidenza sulle turnazioni e sulle risorse impiegate, la cui scelta ultima, competeva tuttavia all’appaltatore;
- talvolta si era registrata la necessità di fornire indicazioni da parte della committenza circa termini, tempi e modalità di espletamento del servizio ma – secondo il giudicante – in assenza significative ingerenze nell’organizzazione dell’appaltatore.
Il giudice ha di conseguenza escluso che fosse rimasto in capo alla committenza il nucleo fondamentale del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, affermando quindi la genuinità dell’appalto.
Ma la questione è complessa e non va sottovalutata. Occorre sempre stare attenti a che l’organizzazione dell’appaltatore non sia compromessa da illegittime ingerenze del committente o peggio che sia lo stesso committente a dirigere i lavoratori impiegati nell’appalto.
2. Cosa succede se l’appalto non è genuino?
Quando il contratto di appalto non è genuino ciascun lavoratore che è stato impiegato nell’appalto può chiedere al giudice la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del committente (art. 29, comma 3 bis, d.lgs. 276/2003).
Quindi il rischio per il committente che abbia utilizzato un appalto non genuino è quello di trovarsi alle proprie dipendenze i lavoratori dell’appaltatore, che egli ovviamente non considera propri lavoratori e non vuole nel proprio organico. La contestazione deve essere mossa da tali lavoratori entro 60 giorni dalla cessazione della loro opera nell’appalto.
Ad ogni modo, in questo caso, tutti i pagamenti effettuati dall’appaltatore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il committente che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata (art. 38, comma 3, d.lgs. 81/2015).
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il principio per il quale, sia nelle ipotesi di somministrazione irregolare, sia in quelle di appalto fittizio, ove, ai sensi delle norme sanzionatorie in materia, venga dichiarata l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sull’utilizzatore o committente, l’omesso ripristino del rapporto di lavoro, ad opera di quest’ultimo, determina, comunque, l’obbligo di corrispondere le retribuzioni. Detto obbligo di corrispondere le retribuzioni decorrere dalla messa in mora (Cass. SS.UU. 7 febbraio 2018 n. 2990).
Inoltre tutti gli atti compiuti o ricevuti dall’appaltatore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale l’appalto ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, ossia il committente (art. 38, comma 3, d.lgs. 81/2015). E’ dunque ipotizzabile che anche gli effetti di un licenziamento irrogato dall’appaltatore (non genuino) possano essere imputati al committente.
3. Nell’appalto genuino cosa succede se l’appaltatore non paga gli stipendi e i contributi previdenziali relativi ai dipendenti impiegati nell’appalto?
Occorre tenere in considerazione che, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta e puo’ esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali (art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003)
Quindi occorre la massima attenzione da parte dell’imprenditore committente a vigilare che l’appaltatore paghi correttamente stipendi e contributi dei lavoratori impiegati nell’appalto.
E non fidiamoci del certificato di regolarità contributiva che ci viene consegnato dall’appaltatore, ma effettuiamo concretamente i controlli opportuni.