L’obbligo di repêchage è un principio di origine giurisprudenziale e si fonda sulla considerazione che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo – ossia per esubero – è considerato legittimo solo se non esistono altre mansioni attribuibili al lavoratore eccedente.
In altre parole il licenziamento deve essere l’extrema ratio, dovendo sempre essere preferita, laddove possibile, l’assegnazione al lavoratore di una posizione alternativa.
Oggi menzioniamo la sentenza Cass. 18 gennaio 2022 n. 1386 . Nel giudizio il datore di lavoro aveva sostenuto la legittimità del licenziamento, da un lato deducendo l’effettività della soppressione della mansione e, dall’altro, affermando che la datrice di lavoro aveva assolto anche l’onere di repêchage, offrendo alla lavoratrice, 15 giorni dopo il licenziamento, la posizione di venditrice.
La Corte ha però ricordato che l’adempimento dell’onere di repêchage rappresenta un elemento costitutivo della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Esso deve pertanto essere assolto prima di quest’ultimo.
I giudici peraltro hanno rilevato che l’offerta tardiva del datore di lavoro di una mansione diversa è del resto significativa della possibilità di una diversa collocazione del lavoratore prima e invece del licenziamento.
Interessante è il caso di Cass. 21/03/2022 n. 9158 , che riguarda una fattispecie di licenziamento to per inidoneità sopravvenuta, dove peraltro l’obbligo di repêchage è previsto per legge (art. 42, comma 1, d.lgs. 81/2008). Il lavoratore era stato reintegrato dai giudici di merito per la mancata deduzione e prova da parte del datore di lavoro dell’impossibilità di adibire il dipendente ad altra mansione compatibile e l’impresa aveva proposto ricorso per cassazione sostenendo, tra le altre censure, che il mancato assolvimento dell’onere di repêchage non costituisce “manifesta insussistenza del fatto”, la cui sola ricorrenza implica la reintegrazione. La Corte ha però rilevato che l’assoluta mancanza della deduzione, prima ancora della prova, dell’impossibilità di repêchage rendeva del tutto evidente l’insussistenza del fatto che aveva dato luogo al licenziamento.
Un’ottima sede per formulare l’offerta della mansione inferiore è la comparizione avanti all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, nell’ambito della procedura di licenziamento prevista per gli assunti ante Jobs Act da imprese con più di 15 dipendenti (art. 7, L. 604/1966 come modificato dalla L. 92/2012). In questo caso l’offerta potrà essere formalizzata a verbale in quella sede e l’eventuale rifiuto del lavoratore costituirà senz’altro una prova idonea dell’assolvimento dell’onere di repêchage. In caso di accettazione della nuova mansione, invece, il verbale di accordo sarà invece prova della legittima assegnazione di mansioni inferiori.
Molte altre sono le questioni sorte in merito al repêchage, e solo per fare qualche esempio:
- le conseguenze sanzionatorie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo per omesso repêchage;
- le implicazioni della mancanza di capacità professionale del lavoratore per ricoprire il ruolo eventualmente disponibile;
- l’ampiezza dell’obbligo di offrire una mansione disponibile di contenuto diverso da quella in esubero e la possibilità di assegnazione di mansioni inferiori con la necessità o meno di un formale patto di demansionamento;
- l’onere della prova sul repêchage;
- i tempi di inerzia del datore di lavoro nelle successive riassunzioni.
In relazione ad esse e ad altre, rinviamo ai nostri vari approfondimenti consultabili al Link in fondo a questa segnalazione.