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Cass. 13 maggio 2016 n. 9904

Il badge che effettua una verifica permanente di tutte le attività dei dipendenti, dalle pause ai permessi, deve essere concordato con i sindacati.

La Suprema Corte ha disposto la reintegra per un dipendente che si faceva strisciare il badge dai colleghi ed era stato scoperto dal datore grazie agli investigatori privati: sul punto, i Giudici di legittimità hanno argomentato che “anche la rilevazione dei dati di entrata e uscita dall’azienda mediante un’apparecchiatura di controllo predisposta dal datore di lavoro (cosiddetto badge), utilizzabile anche in funzione di controllo del rispetto dell’orario di lavoro e della correttezza dell’esecuzione della prestazione lavorativa, non concordata con le rappresentanze sindacali, né autorizzata dall’ispettorato del lavoro, si risolve in un controllo sull’orario di lavoro e in un accertamento sul quantum della prestazione”, rientrante nella fattispecie prevista dal secondo comma dell’articolo 4 della legge 300/70. Essa quindi viola lo Statuto dei lavoratori, e dunque si impongono garanzie analoghe a quelle previste per l’installazione di telecamere.

Infatti, il badge è legittimo, e non necessita di accordi con i sindacati, quando si limita a prendere nota degli ingressi e della fine dell’orario di lavoro; tuttavia, esso registra anche tutti i dati sulla giornata-tipo del dipendente, inviandoli poi al database aziendale: questo tipo di gestione del personale si risolve, infatti, in un “controllo continuo permanente e globale” che è consentita dallo Statuto dei lavoratori solo se previamente concordato con le RSA o autorizzata dall’ispettorato del lavoro.