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Corte Cost., 14 maggio 2015 n. 78

Il fatto che entrambe le fasi di detto unico grado del giudizio possano essere svolte dal medesimo magistrato non confligge con il principio di terzietà del giudice e si rivela, invece, funzionale all’attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata. E ciò a vantaggio anche, e soprattutto, del lavoratore, il quale, in virtù dell’effetto anticipatorio dell’ordinanza che chiude la fase sommaria, può conseguire una immediata, o comunque più celere, tutela dei propri diritti, mentre la successiva, ed eventuale, fase a cognizione piena è volta a garantire alle parti, che non restino soddisfatte dal contenuto dell’ordinanza opposta, una pronuncia più pregnante.

Si è finalmente pronunciata la Corte Costituzionale in merito al giudice della fase di opposizione del cd. Rito Fornero, giudicando non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Milano, della disciplina dettata dal codice di procedura civile e dalla Legge n° 92/2012, la quale non avrebbe previsto l’obbligo di astensione per l’organo giudicante (persona fisica) investito del giudizio di opposizione il quale abbia pronunciato l’ordinanza conclusiva della fase sommaria ex art. 1, comma 49 (si tratta, per l’appunto, dell’ordinanza di accoglimento o di rigetto che conclude la fase sommaria).

Prevale, pertanto, il principio del giusto processo rispetto a quello di terzietà del giudice, anzi, quest’ultimo è funzionale al profilo della ragionevole durata.

Gli Ermellini, dopo aver tracciato differenze e similitudini tra la fase di opposizione del Rito Fornero e il rito ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, hanno precisato che il carattere peculiare del rito impugnatorio dei licenziamenti, ridisegnato dal legislatore del 2012, sta nell’articolazione in due fasi del giudizio di primo grado, laddove, “dopo una fase iniziale concentrata e deformalizzata […] il procedimento si riespande, nella fase dell’opposizione, alla dimensione ordinaria della cognizione piena con accesso per le parti a tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti” (ordinanza n. 19674 del 2014).

Da ciò discende che la fase di opposizione non costituisce una “revisio prioris instantiae” della fase precedente ma solo “una prosecuzione del giudizio di primo grado” e, quindi, non postula l’obbligo di astensione (del giudice che abbia pronunziato l’ordinanza opposta), previsto dall’art. 51, primo comma, numero 4), cod. proc. civ. con (tassativo) riferimento al magistrato che abbia conosciuto della controversia in altro [e non dunque, nel medesimo] grado del processo.

Pertanto, la Consulta ravvisa un giudizio unico anche se contraddistinto da due fasi.