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– a cura di Filippo Capurro e Alessia Capella – Febbraio 2021 –

(1) Segnalo una nostra sentenza (Tribunale di Catanzaro 10/02/2021 est. Costarella ),

Segnalo una nostra sentenza in materia di applicazione delle norme sulla decadenza in materia di (contestata) cessione del contratto e di trasferimento del lavoratore, per le sue implicazioni sulla connessa domanda relativa alla legittimità del licenziamento.

(2) Il caso riguardava una complessa operazione di trasferimento d’azienda di un’impresa in crisi. Al termine di diversi incontri sindacali nell’ambito della procedura prevista dall’art. 47, comma 4 bis, L. n. 428/1990, e dopo ampie ed articolate trattative, l’impresa posta in concordato preventivo – previa sottoscrizione di accordi sindacali (firmati davanti al Ministero del Lavoro e approvata dalla quasi unanimità dei lavoratori nell’ambito di un referendum confermativo) – cedeva i due rami d’azienda di cui si componeva a due differenti società. Nell’ambito dell’accordo veniva previsto che la sede secondaria di Catanzaro sarebbe stata chiusa con l’accentramento di tutte le attività produttive presso la sede principale.

Semplificando, a seguito di queste operazioni veniva comunicato  ai dipendenti ceduti e operanti presso la sede secondaria, il trasferimento presso l’unica sede rimasta. Uno dei lavoratori trasferiti rifiutava tuttavia di presentarsi sul luogo di lavoro indicato dalla cessionaria, opponendosi all’intervenuto trasferimento. La Società licenziava il dipendente per giusta causa stante l’assenza ingiustificata.

Il lavoratore impugnava il licenziamento e agiva per ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro. In particolare eccepiva la nullità dell’operazione di cessione del ramo d’azienda sostenendo la conseguente illegittimità del suo trasferimento da una sede all’altra, e l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto contestato.

(3)

Nella decisione in commento assume rilevanza centrale l’istituto giuridico della “decadenza”, che può infatti essere definita come l’estinzione del potere di esercitare un diritto o di una facoltà, per il decorso del tempo previsto dalla legge, senza che essi siano stati esercitati.  

Dopo aver analizzato il caso esposto,  il Giudice si è interrogato – ancor prima di passare al merito della procedura circolatoria – sulla tempestività o meno delle azioni promosse dal lavoratore in giudizio e ha rilevato le decadenze da noi eccepite in relazione alla cessione del ramo d’azienda e al trasferimento individuale, in forza delle previsioni contenute nella L. 183/2010, c.d. Collegato Lavoro.

L’art. 32, comma 3, lett. c), e l’art. 32, comma 4, lett. c) L. 183/2010 (c.d. “Collegato Lavoro”) dispongono infatti che i termini di decadenza per l’impugnativa stragiudiziale dei provvedimenti datoriali (60 giorni) e per il deposito del ricorso giudiziale (180 giorni successivi all’impugnazione) si applicano, rispettivamente, ai casi di:

  • trasferimento individuale ai sensi dell’art. 2103 c.c., con decorrenza dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;
  • cessione del contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c., con decorrenza dalla data della cessione del contratto. Qui l’espressione del legislatore è decisamente atecnica, ma si vuole alludere a quelle situazioni in cui il contratto di lavoro viene de facto ceduto ad altro imprenditore in conseguenza di un’operazione di cessione d’azienda (o di ramo d’azienda) non genuina, tal per cui non può operare  il passaggio automatico del rapporto di lavoro dal cedente al cessionario in forza dell’art. 2112 c.c. ma la mera applicazione della disciplina dell’art. 1460 c.c. in materia di cessione del contratto che tuttavia richiede il consenso di entrambe le parti e dunque anche del lavoratore.

L’inosservanza dei termini suddetti preclude, con effetto sostanziale, l’esercizio dei diritti connessi all’illegittimità della fattispecie; ciò, in ragione della struttura sottesa alla normativa in esame articolata in successivi e connessi termini, eziologicamente collegati proprio ai fini dell’azionabilità in giudizio dei diritti rivendicabili. 

In applicazione dei principi esposti, nel caso di specie il Giudicante ha osservato che dal punto di vista fattuale il lavoratore aveva operato delle contestazioni tardive, ben oltre i termini indicati dal menzionato art. 32 Collegato Lavoro:

  • la nullità dell’operazione di cessione del ramo aziendale era stata contestata solamente con la proposizione del ricorso introduttivo, senza alcuna impugnativa stragiudiziale nei 60 giorni prescritti dall’art. 32, comma 4, lett. c) L. 183/2010;
  • il trasferimento individuale era stato impugnato stragiudizialmente nel termine di 60 giorni ma il ricorso introduttivo era stato depositato ben oltre il termine di 180 giorni previsti dall’art. 32, comma 3, lett. c) L. 183/2010.

La tardività delle contestazioni operate dal dipendente ha pertanto fatto scattare l’operatività del regime decadenziale di cui al Collegato Lavoro il quale – una volta eccepito – ha impedito al giudicante qualsivoglia verifica, e quindi qualsiasi sindacato, sulla legittimità  del trasferimento e della vicenda circolatoria che ne è alla base.

Interessante che la preclusione della verifica giudiziale è estesa anche all’accertamento incidentale. Si legge nella sentenza:

“37. Posto, infatti, che, a base del provvedimento espulsivo, vi è la contestazione dell’assenza del lavoratore dal luogo di lavoro e che il ricorrente qualifica detta assenza come legittimo rifiuto, ai sensi dell’art. 1460 c.c., di esecuzione della prestazione a fronte del disposto trasferimento, è sulla legittimità di quest’ultimo che deve essere condotto l’esame della domanda. Il presupposto della legittimità o della illegittimità del trasferimento, infatti, è la validità o invalidità della vicenda circolatoria che ne è alla base.

38. Ritiene il giudicante che l’esame incidentale della validità dei contratti di affitto, subaffitto e cessione d’azienda, per un verso, e della legittimità del trasferimento del ricorrente, per altro verso, sia impedito dal maturare della decadenza di cui all’art. 32 l. n. 183/2010.”

(4)

In giurisprudenza si segnala Cass. 01/08/2015 n. 16757, secondo la quale:

il trasferimento che, pur costituendo di fatto il presupposto del successivo licenziamento per assenza ingiustificata della lavoratrice, costituisce comunque un atto autonomo e distinto dal licenziamento. Pertanto, come ha esattamente rilevato la Corte territoriale, tale trasferimento era soggetto ad autonoma impugnazione nei tempi e modi previsti dalla L. n. 183 del 2010, art. 32 che, al comma 3, lett. c) estende la disciplina dell’impugnazione dei licenziamenti di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6 come modificato dal comma 1 del medesimo art. 32, al trasferimento ai sensi dell’art. 2103 c.c., con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento. L’attuale ricorrente non ha provveduto ad impugnare giudizialmente il trasferimento in questione nei termini previsti dalla suddetta normativa e la successiva impugnazione del licenziamento, pur collegato di fatto al precedente trasferimento, non rimette in termini ai fini dell’impugnazione del licenziamento, in ossequio all’esigenza di celerità del processo e dell’accertamento dei rapporti in materia di lavoro, sottesa alla disciplina dettata dalla L. n. 183 del 2010.” 

Molto interessante è altresì Cass. 07/11/2019 n. 28750 secondo la quale non si applicano i termini di decadenza previsti dall’articolo 32, comma 4, L. 183/2010 se il lavoratore reclama il diritto a essere ricompreso nel perimetro del  segmento aziendale ceduto e, quindi, chieda la prosecuzione del rapporto di lavoro con il soggetto cessionario. Quindi la decadenza opera solamente ove si sia in presenza di un’operazione circolatoria non genuina.

 

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