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Cass. 28 gennaio 2016 n. 1608

Il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, e, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell’iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost., non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall’imprenditore.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, reintegrando quest’ultimo a seguito dell’accertamento della sussistenza di un’illecita interposizione di manodopera.

La Corte d’appello, in precedenza, aveva confermato la decisione di primo grado, con la quale veniva respinta la domanda proposta da un operaio specializzato, nei confronti della società datrice, volta alla declaratoria di illegittimità del trasferimento disposto dalla predetta società nei suoi confronti e del successivo licenziamento intimatogli, per non avere il dipendente ottemperato al trasferimento, omettendo di presentarsi presso la nuova sede di lavoro. La Cassazione ha affermato che, nonostante il giudice non possa entrare nel merito delle scelte aziendali, è in ogni caso chiamato a verificare che il provvedimento di trasferimento sia sorretto dalle ragioni tecniche ed organizzative addotte dal datore, e che non sia, invece, il frutto di una ritorsione dell’azienda nei confronti del dipendente: non basta, dunque, spiegare i motivi produttivi per i quali l’imprenditore non può più destinare il lavoratore nella sede in cui era addetto in precedenza; è, infatti, al medesimo tempo necessario dimostrare la corrispondenza fra il provvedimento di trasferimento e le esigenze aziendali dell’impresa rispetto alla nuova sede di lavoro.