Cass. 28 giugno 2016 n. 26766
Non è punibile per maltrattamenti in famiglia il datore di lavoro che schernisce sistematicamente una dipendente di fronte ai clienti per il suo aspetto fisico.
In materia di mobbing, la Cassazione ha statuito l’insussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia nei confronti del datore di lavoro che scherniva la dipendente davanti ai clienti per l’aspetto fisico e le competenze professionali: secondo i giudici di legittimità, nel caso specifico non sussisteva il nesso di supremazia-soggezione.
Sul punto è stato chiarito che le pratiche persecutorie del datore verso il lavoratore possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia soltanto qualora il rapporto tra le parti assuma natura para-familiare, ovvero sia caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di uno nei confronti dell’altro, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello con posizione di supremazia. Ciò non esclude che possano configurarsi altri reati.