Cass. 17 Febbraio 2016 n. 3065
È illegittimo il licenziamento per superamento del comporto di un dipendente che, al termine del periodo di aspettativa non retribuita, usufruisce dei benefici di legge e ritorna sul posto di lavoro. La fruizione dei permessi ex Legge n. 104/1992 non presuppone un previo rientro in servizio dopo un periodo di assenza per malattia o aspettativa, ma soltanto l’attualità del rapporto di lavoro.
La Suprema Corte Ha rigettato il ricorso di una società volto ad ottenere la dichiarazione di legittimità del licenziamento nei confronti di una dipendente in aspettativa per 120 giorni, e che non era rientrata in servizio fino a superare il periodo di comporto: infatti, nell’ultimo giorno prima della scadenza del periodo di aspettativa, la lavoratrice aveva chiesto e ottenuto il riconoscimento dello stato di handicap grave, derivando da ciò i permessi ex legge N. 104/1992.
Secondo i giudici di legittimità il suddetto licenziamento è illegittimo, dal momento che non si verifica quel superamento del periodo massimo di conservazione del posto, se l’assenza dal lavoro nel giorno in cui si supera il periodo di comporto è imputabile a permesso ex lege 104/92 e non ad assenza. Infatti, “la fruizione dei permessi ex lege n. 104/92 non presuppone un previo rientro in servizio dopo un periodo di assenza per malattia od aspettativa (non essendo – questa – una condizione prevista dalla legge), ma soltanto l’attualità del rapporto di lavoro”.