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Cass. 4 settembre 2014 n. 18678

È legittimo il licenziamento del lavoratore assenteista anche se il numero di assenze non supera il periodo di “comporto”, dal momento che il provvedimento di espulsione, adottato per giustificato motivo soggettivo, è giustificato dall’inadeguatezza della prestazione lavorativa assicurata dal lavoratore.

In questa sua storica decisione, la Suprema Corte di Cassazione ha deciso di porre un freno deciso alla prassi piuttosto frequente delle numerose assenze per malattia, a «macchia di leopardo» e quantomeno sospette poiché agganciate ai giorni di riposo, respingendo il ricorso di un lavoratore contro il licenziamento, ritenuto legittimo di fronte alla complessiva inadeguatezza della prestazione lavorativa di quest’ultimo, a causa della mancata presenza in servizio per un paio di giorni al mese, che ha creato malcontento fra i colleghi costretti alle sostituzioni.

Secondo i giudici, un tale comportamento aveva portato ad una “prestazione non sufficiente e proficuamente utilizzabile dall’azienda”, soprattutto se si considera che l’assenteista è solito comunicare la malattia soltanto all’ultimo momento, e spesso in prossimità di turni notturni o festivi, il che crea ulteriori tensioni all’interno dell’azienda per la necessità stringente di “coprire i buchi”: ne consegue che la condotta del lavoratore integra i presupposti richiesti dall’art. 3 della Legge n. 604/1966 in relazione al “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali” causato da un’esperienza lavorativa “inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l’organizzazione aziendale”.