Cass. 4 luglio 2014 n. 15365
Il lavoratore in malattia che svolge nel frattempo analoghe mansioni presso altra azienda, manifesta un comportamento sleale in violazione dei principi di correttezza e buona fede: ne consegue la legittimità del licenziamento.
Nel caso di specie la Suprema Corte di Cassazione, nel cassare la decisione del Giudice del merito che aveva dichiarato sproporzionata la sanzione del recesso irrogata al dipendente di un supermercato, stabiliva che non vi è alcun vizio logico o motivazionale nel ritenere proporzionata la sanzione estrema del licenziamento a fronte di un’inadempienza del lavoratore, che sia contraria ai principi di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro, come quella di cui al caso di specie.
Tale inadempienza, infatti, si concretizzava sia nello svolgere attività lavorativa durante la malattia, sia nello svolgere, durante tale periodo, un’attività (quella di macellaio) in favore di un concorrente dell’azienda alle cui dipendenze era impiegato (ciò oltre a costituire violazione della normativa pattizia, è elemento lesivo del rapporto fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro). Per questo motivo l’espulsione non è una sanzione eccessiva, a nulla rilevando che le mansioni espletate non pregiudichino minimamente la guarigione.