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– Settembre 2022 –

Di seguito una breve rassegna di giurisprudenza sulle conciliazioni di lavoro in sede sindacale.

Cass. 09/06/2021 n. 16154 ord.

In sede d’impugnazione di una conciliazione sindacale, è il lavoratore che deve provare la mancanza di assistenza effettiva da parte del sindacalista presente. 

Secondo la Corte, già la presenza all’accordo di un sindacalista che assiste il lavoratore costituisce un indizio dell’effettività della sua assistenza, tanto più se, come nel caso esaminato, il lavoratore non ha sollevato in quella sede alcuna riserva a verbale. In questa situazione, è pertanto evidente che graverà sul lavoratore provare che il sindacalista non si è adeguatamente attivato per assicurare che la sua eventuale Arma dell’accordo conciliativo fosse consapevolmente voluta. 

Tribunale di Bari 06/04/2022, est. Tedesco 

Nella conciliazione sindacale perché sussista l’effettiva assistenza richiesta per la validità della conciliazione, non è sufficiente l’incarico conferito del lavoratore contestualmente alla sottoscrizione che è oggetto dell’impugnazione. 

Il Giudice aderisce alla giurisprudenza della S.C. secondo la quale, ai fini della validità dell’accordo in sede sindacale, è indispensabile che vi sia un’effettiva assistenza del lavoratore da parte dei rappresentanti dell’organizzazione a cui lo stesso aderisce, muniti di delega, oltre che una effettiva controprestazione del datore di lavoro a fronte della rinuncia del lavoratore a plurimi ed eterogenei diritti.

Il Tribunale sottolinea, tra l’altro, che il mandato e l’effettiva assistenza dipendono anche dalla qualità del rapporto intercorso tra lavoratore e sindacalista, e che in assenza della prova di adesione al sindacato o di un effettivo rapporto intercorso, anche “l’incarico conferito contestualmente alla sottoscrizione della conciliazione si rivela del tutto inidoneo, proprio perché reso nel contesto oggetto di censura da parte del lavoratore, con correlativa impugnazione del risultato finale”. 

Trib. Treviso 09/06/2022 

I verbali di conciliazione firmati davanti alla commissione di conciliazione prevista dall’art. 412-ter c.p.c. sono impugnabili se l’assistenza prestata dal conciliatore non è stata effettiva. Tuttavia, l’impugnazione da parte del lavoratore deve essere effettuata entro il termine di decadenza di 6 mesi previsto dall’art. 2113 c.c. 

Cass. 03/09/2003, n. 12858 

La sede sindacale di conciliazione deve essere però anzitutto appropriata.

La giurisprudenza ha chiarito che “la determinazione della modalità di composizione dell’organo conciliativo […] deve intendersi devoluta alla contrattazione collettiva. Pertanto, solo nel caso in cui la contrattazione collettiva abbia previsto come indispensabile l’appartenenza del rappresentante sindacale non solo alla organizzazione cui aderisce il lavoratore, ma anche l’inserimento del primo nell’organizzazione locale dello stesso sindacato, è annullabile l’accordo raggiunto con l’assistenza di un sindacalista appartenente ad una diversa organizzazione locale. Essendo, infatti, essenziale l’assistenza effettiva dell’esponente sindacale, idonea a sottrarre il lavoratore a quella condizione di inferiorità che potrebbe indurlo altrimenti ad accordi svantaggiosi, sembrano alla Corte sufficienti, alla realizzazione di tale scopo, a far ritenere cioè la idoneità dello stesso rappresentante sindacale a prestare in sede conciliativa l’assistenza prevista dalla legge, l’appartenenza del rappresentante sindacale al medesimo sindacato e il conferimento da parte del lavoratore dell’incarico necessariamente sottostante all’attività svolta dal primo”. 

Su questo argomento rinviamo anche a  Rinunce e transazioni del lavoratore: giocavamo al “telefono senza fili”