Corte Giustizia UE, sentenza del 20 luglio 2016 caso Hans Maschek
Le ferie non godute vanno comunque indennizzate, anche in caso di giorni di vacanze supplementari e pure se il rapporto di lavoro è cessato per volontà del lavoratore: la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro.
I Giudici del Lussemburgo hanno risolto il caso di un dipendente pubblico austriaco, che aveva avuto accesso alla pensione prima di aver usufruito di tutti i giorni di ferie rimasti, a causa di un periodo di malattia.
La richiesta del pagamento dell’indennità di ferie non godute era stata negata al sig. Maschek, in base alle norme sulla retribuzione dei dipendenti pubblici della città di Vienna, che negano il diritto alla suddetta indennità nel caso in cui il lavoratore di propria iniziativa ponga fine al rapporto di lavoro.
Secondo la Corte, invece, la legislazione nazionale austriaca è in contrasto con le direttive comunitarie: la direttiva europea 2003/88 prevede infatti che “ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane“; che il diritto alle ferie annuali retribuite “costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione”; e che si tratta di una garanzia conferita a ogni lavoratore “indipendentemente dal suo stato di salute“.
Quanto sopra per evitare che il dipendente “non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria”.
Ne deriva che legiferare su questo tema non è compito del legislatore nazionale, cui spetta, eventualmente, soltanto “decidere se concedere ai lavoratori ferie retribuite supplementari che si sommano alle ferie annuali retribuite minime di quattro settimane previste dall’articolo 7 della direttiva 2003/88″.