– a cura di Filippo Capurro – Novembre 2019 –
1. La questione trattata
Nel mese si settembre avevo pubblicato su questo sito un mio contributo dal titolo “Le collaborazioni coordinate e continuative “etero organizzate”: il magico viaggio in un mondo incantato” .
In esso trattavo la materia delle collaborazioni coordinate e continuative cosiddette “etero organizzate” per ricostruire le caratteristiche dell’istituto e l’approccio normativo, giurisprudenziale e della prassi formatisi sulla norma di riforma (art. 2, d.lgs. 81/2015).
Quando stavo scrivendo era stato da poco pubblicato il Decreto Legge (DL 101/2019) che aveva inciso sulla norma di riferimento.
La conversione in legge di tale decreto ha determinato cambiamenti che giudico assai significativi.
Proverò con la massima sintesi a riassumere lo stato dell’arte, non senza porre alcuni richiami di attenzione a chi intenda oggi avvalersi di una collaborazione coordinata e continuativa o comunque di una collaborazione autonoma che si concreti in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative.
2. L’introduzione della disciplina sul lavoro etero organizzato
Nel 2015, con il Jobs Act dei contratti, le co.co.co vennero affrancate dalla necessità del progetto, ma il legislatore sentì l’esigenza di mantenere una forma di tutela per quelle forme di parasubordinazione la cui costrittività è particolarmente accentuata, tali di avvicinarli, direi per alcuni caratteri tipici, al rapporto di lavoro subordinato.
In particolare l’art. 2, d.lgs. 81/2015 recitava:
“1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.”.
Per semplificare, quando una prestazione di lavoro autonomo, personale e continuativa è anche eteroroganizzata dal committente, le si applicherà la stessa disciplina del lavoro subordinato.
Al comma 2 venivano poi indicati alcuni casi di collaborazioni etero potenzialmente organizzate, ai quali la norma non si applica ossia nei quali non sia ha il meccanismo di estensione della normativa del lavoro subordinato.
Trattasi di ipotesi non di interesse ai fini del nostro discorso.
3. L’interpretazione della normativa
Al fine di dare un’interpretazione della neo nozione di etero organizzazione erano intervenuta la prassi e la giurisprudenza.
Rinvio rispettivamente ai punti 6.1 (per la prassi) e 6.2 (per la giurisprudenza) del mio menzionato intervento.
Ma, se volessimo semplificare, potremmo dire che l’orientamento era nel senso che l’etero organizzazione era esclusa in assenza di una contemporanea incidenza organizzativa del committente sui tempi e sui luoghi della prestazione.
Nel mio intervento richiamato all’inizio avevo evidenziato come non fosse convincente questa interpretazione sia per la formulazione equivoca della norma che utilizzava il termine “anche” in riferimento alla etero organizzazione dei tempi e del luogo di lavoro, sia aggiungerei ora perché quel riferimento attingeva da una giurisprudenza già largamente superata persino per la qualificazione della subordinazione.
D’altra parte, quel riferimento ha subito una definitiva perdita di senso dopo l’entrata in vigore della legge 81/2017 sul lavoro agile, che ha affrancato la subordinazione dai vincoli tradizionale del tempo e del luogo della prestazione di lavoro. A tacere del lavoro a chiamata, che è un rapporto di lavoro pacificamente subordinato nel quale il lavoratore può, se non vi è obbligo di disponibilità, rifiutare di rendere la prestazione quando richiesto.
4. La riforma della norma all’”ombra” del problema “riders”
Il DL 101/2019 ha inteso offrire una disciplina di tutela a quelle collaborazioni organizzate mediante piattaforme digitali. Il modello che aveva in mente il Governo era principalmente quello dei c.d. rider che effettuano le consegne di alimenti.
Il Decreto Legge aggiungeva una parte in fondo al menzionato comma 2 dell’art. 2, d.lgs. 81/2015 secondo la quale:
”Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.”
Un modo per assicurare a questo genere di modelli di lavoro la disciplina forte del lavoro subordinato.
Venivano poi introdotte gli artt, da 47 bis a 47 octies che prevedono alcune norme di tutela specificamente riferite alla tutela del lavoro tramite piattaforme digitali, che tuttavia non riguardano il tema della qualificazione del rapporto.
5. Il correttivo introdotto con la legge di conversione
L’art. 2 d.lgs. 81/2015, nel testo risultante dalla conversione in legge del DL 101/2019 recita oggi:
A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.
Questa nuova versione introduce sostanzialmente due novità:
- la natura “personale” della prestazione deve essere tale in via prevalente e non esclusiva;
- Viene rimosso il riferimento al fatto che l’organizzazione debba incidere sui tempi e sul luogo di lavoro per aversi etero organizzazione.
6. Conclusioni e implicazioni
Il mio pensiero sulla nuova norma è il seguente:
i) poco mi impressiona il fatto che la personalità della prestazione possa essere anche solo prevalente e non più esclusiva. Se non altro la maggior parte delle fattispecie era, è e sarà sempre quella di prestazioni esclusivamente personali e quindi cambierà ben poco.
ii) assai significativo è invece che sia stato rimosso il riferimento al fatto che l’organizzazione debba incidere sui tempi e sul luogo di lavoro. Ritengo che oggi, salvo che si ricada nelle eccezioni previste dalla norma rimaste invariate, il perimetro delle prestazioni etero organizzate sia obiettivamente molto più ampio di prima. Il committente non potrà infatti più schermarsi dietro al fatto che il collaboratore era ad esempio libero di organizzare i tempi di lavoro.
iii) E il rischio è tanto più ampio in quanto, in sistemi sempre più informatizzati, anche la sola incidenza organizzativa espressa con modalità telematiche può essere vista come sufficientemente pervasiva da integrare etero organizzazione (se non addirittura – ma di questo parlerò in un mio prossimo intervento che ho già programmato) una vera e propria etero direzione.
iv) a mio avviso, oggi, il criterio più appropriato per aversi una etero organizzazione sia quello previsto dal Trib. Roma 06/05/2019 est. Bracci , ossia:
“Pur senza “sconfinare” nell’esercizio del potere gerarchico, disciplinare (che è alla base della eterodirezione) la collaborazione è qualificabile come etero-organizzata quando è ravvisabile un’effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione lavorativa finisce con l’essere strutturalmente legata a questa (l’organizzazione) e si pone come un qualcosa che va oltre alla semplice coordinazione di cui all’ art. 409 n. 3 c.p.c., poiché qui è il committente che determina le modalità della attività lavorativa svolta dal collaboratore.”
v) Non mi convince invece più di tanto la proposta interpretativa che leggo sovente su alcune importanti testate secondo cui l’art. 409 del codice di procedura civile, come modificato dalla L. 81/2017, secondo cui il coordinamento, per rimanere tale e quindi compatibile con la disciplina dell’autonomia, dovrebbe essere concordato con il committente, e non imposto da quest’ultimo al collaboratore.
La parte della norma che qui ci interessa dice:
“La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”
Dico che non mi convince per due ragioni:
- primo: perché se per dire che non sono etero organizzato devo richiamare una norma che mi dice che il collaboratore deve organizzarsi autonomamente, non mi pare di aver fatto molta strada;
- secondo: perché, se per non avere un collaboratore etero organizzato, devo concordare con lui le modalità di coordinamento, non sapendo cosa sia l’etero organizzazione (che starei cercando di ricavare dalla norma), rischierei di concordare una etero organizzazione. Peggio che peggio!.
In conclusione direi che l’utilizzo del lavoro autonomo personale e continuativo debba avvenire con attenzione e criterio, se non si vuole finire in rapporti di lavoro autonomo ai quali si applichi la normativa sul lavoro subordinato.