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La giurisprudenza che fa discutere:


Cass. 3 marzo 2015 n° 4237

Non si configura giusta causa di licenziamento ove il datore di lavoro non provi che il lavoratore abbia agito fraudolentemente in danno del datore di lavoro simulando la malattia, al fine di astenersi dal lavoro in modo da poter lavorare con altra imprese concorrentiOppure anziché collaborare al recupero della salute per riprendere al più presto l’attività lavorativa abbia compromesso o ritardato la propria guarigione.

Il caso di specie verte in relazione ad un licenziamento per giusta causa irrogato nei confronti di un dipendente, addetto al reparto pescheria, che durante un periodo protetto da infortunio sul lavoro – riconosciuto dall’Inail – aveva prestato la propria attività lavorativa presso un altro negozio di pescheria.

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione dei due precedenti gradi di giudizio, che avevano riconosciuto la fondatezza delle ragioni del datore di lavoro, sancendo diversamente l’illegittimità della sanzione espulsiva, e ritenendo più coerente l’applicazione di una sanzione conservativa, in quanto lo svolgimento di altra attività non ha ostacolato la guarigione del ricorrente, il quale ha ripreso regolarmente servizio al termine del periodo indennizzato.

In ogni caso, il comportamento del dipendente meritava la sanzione conservativa, “data la scarsa lealtà dimostrata dal lavoratore che, se riteneva di essersi completamente rimesso prima della scadenza del periodo di malattia, avrebbe dovuto correttamente offrire la propria prestazione al datore di lavoro, anziché ad un terzo”.