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Una sentenza della Corte d’Appello di Milano (Cort. App. Milano 08/05/2018 n. 351 Pres. Trogni Rel. Beoni)  ha recentemente ribadito la rilevanza del requisito della TEMPESTIVITÀ DELLA PROCEDURA DISCIPLINARE.

In particolare la Corte ha sancito che il periodo di tempo intercorso di 7 mesi tra la data di conoscenza dei fatti e la contestazione degli stessi alla lavoratrice, pur tenendo conto della complessità dell’organizzazione aziendale, è del tutto ingiustificato, anche in considerazione del fatto che il datore di lavoro non aveva fornito allegazioni circa ulteriori indagini o approfondimenti svolti nell’anzidetto arco temporale al fine di valutare la condotta della dipendente.

Ricordiamo che una recente sentenza delle Sezioni Unite (Cass. SS. UU. 27/12/2017 n. 30985), seppur affrontando le conseguenze sanzionatorie del licenziamento disciplinare privo di tempestività nell’ambito di applicazione dell’art. 18 SL (e quindi pre Jobs Act), attribuisce rilevanza centrale al requisito dell’immediatezza.

In particolare Le Sezioni Unite affermano che, in materia di licenziamento disciplinare, il principio dell’immediatezza della contestazione mira, da un lato, ad assicurare al lavoratore incolpato il diritto di difesa nella sua effettività, così da consentirgli il pronto allestimento del materiale difensivo per poter contrastare più efficacemente il contenuto degli addebiti, e, dall’altro, nel caso di ritardo della contestazione, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore – in relazione al carattere facoltativo dell’esercizio del potere disciplinare, nella cui esplicazione il datore di lavoro deve comportarsi in conformità ai canoni della buona fede – sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto incriminabile.

Una sentenza del Tribunale di Milano (Trib. Milano, 01/07/2016 est. Colosimo) è stata altrettanto eloquente, affermando che il principio di immediatezza non ha solo un rilievo soggettivo, posto a salvaguardia dei diritti di difesa del lavoratore: esso partecipa, altresì (e soprattutto) di una rilevanza prettamente oggettiva, che è correlata all’esigenza di assicurare la genuinità dell’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro ed evitare, così, che la pendenza di una determinata questione possa essere utilizzata in modo distorto con finalità ritorsive. D’altronde, secondo il giudice, la mancata immediatezza minerebbe l’effettività del potere disciplinare, e farebbe venire meno la giusta causa, anche perché il lasso di tempo trascorso tra il fatto commesso e il licenziamento mal si concilia con la perdita di fiducia.

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(Foto by Pixabay)