– a cura di Filippo Capurro – Febbraio 2021 –
(1) Il caso
Segnalo un’interessante sentenza (Trib. Padova 18/12/2020 n. 20 est. Rigon ) che, adottando un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, ha esteso la responsabilità solidale del committente di un appalto anche ai crediti dei lavoratori in somministrazione all’appaltatore e utilizzati nell’esecuzione dell’appalto.
(2) Inquadramento normativo
Prima di entrare nel merito della questione ricordo che l’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, nella versione oggi vigente, stabilisce, in materia di appalti, che:
“In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.
E’ una norma che ha vissuto alterne vicende e numerose modifiche nel tempo. L’intento del legislatore è principalmente quello di allertare il committente di un appalto, inducendolo a scegliere appaltatori affidabili e a vigilare diligentemente sul corretto adempimento da parte del medesimo degli obblighi retributivi e contributivi nei confronti dei lavoratori dell’appaltatore impiegati nell’appalto.
(3) L’ambito di applicazione della norma e gli arresti giurisprudenziali
Per quanto qui interessa l’aspetto in esame è l’ambito di applicazione della norma.
Si tratta peraltro di una questione della quale si discute da molto tempo.
(3.1.) L’importante sentenza della Corte Costituzionale
Andando a ritroso nel dibattito, va segnalata una importantissima sentenza della Corte Costituzionale (Cort. Cost. 06/12/2017 n. 254 ) che ha stabilito che, al contratto di subfornitura industriale si applica lo stesso regime di responsabilità solidale previsto per gli appalti, ossia quello sopra ricordato.
Pur facendosi carico la Consulta dall’esistenza di diversi orientamenti circa la riconducibilità o meno del contratto di subfornitura industriale alla cornice concettuale e disciplinatoria dell’appalto e del subappalto, la stesa ritiene che, anche ove si consideri la subfornitura come “tipo” negoziale autonomo, tale premessa interpretativa non saebbe preclusiva della applicazione, in via analogica, della norma sulla responsabilità solidale negli appalti.
“All’obiezione per cui la natura eccezionale della norma sulla responsabilità solidale del committente osterebbe ad una sua applicazione estensiva in favore di una platea di soggetti diversi dai dipendenti dell’appaltatore o subappaltatore (ai quali soltanto la norma stessa fa testuale riferimento) si replica, infatti, che l’eccezionalità della responsabilità del committente è tale rispetto alla disciplina ordinaria della responsabilità civile – che esige di correlarsi alla condotta di un soggetto determinato – ma non lo è più se riferita all’ambito, ove pur distinto, ma comunque omogeneo in termini di lavoro indiretto, dei rapporti di subfornitura.
Ciò in quanto la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale del committente – che è quella di evitare il rischio che i meccanismi di decentramento, e di dissociazione fra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale – non giustifica una esclusione (che si porrebbe, altrimenti, in contrasto con il precetto dell’art. 3 Cost.) della predisposta garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento.”
Alla stregua di quanto detto, l’art. 29, comma 2, d.lgs, 276/2003 va interpretata, secondo la Consulta, in modo costituzionalmente adeguato e coerente agli evocati parametri di riferimento: nel senso, appunto, che il committente è obbligato in solido (anche) con il subfornitore relativamente ai crediti lavorativi, contributivi e assicurativi dei dipendenti di questi.
Osservo circa l’applicazione analogica della normativa sugli appalti in materia di responsabilità solidale, alle altre forme di decentramento produttivo, che in effetti nel Diritto del Lavoro, il principio della solidarietà non è specifico degli appalti, coinvolgendo anche altre situazioni giuridiche come la somministrazione di lavoro (art. art. 35, comma 2, d.lgs. 81/2015), e il distacco transnazionale (art. 4, comma 4, d.lgs. 136/2016).
Un’interessante implicazione di questa pronuncia potrebbe essere l’applicazione della solidarietà (tra distaccante e distaccatario) anche nell’ambito del distacco.
(3.2) Recenti casi nei quali si è applicato il principio espresso dalla Corte Costituzionale
Segnalo la pronuncia Trib. Milano 02/05/2018 n. 116 est. Dossi riguardante un contratto di “partnership”. Di seguito riporto alcuni passaggi significativi:
“Il contratto di partnership tra xxx e yyy, nell’abito del quale la ricorrente ha prestato continuativamente attività lavorativa, è un contratto atipico, riconducibile alla nozione di contratto misto, nel quale concorrono gli elementi di più negozi tipici che si fondono in un’unica causa. Nel caso di specie sono rinvenibili elementi causali propri del negozio di trasferimento dei diritti di utilizzazione di marchio, brevetto, diritti di proprietà industriale e intellettuale ed elementi causali propri dell’appalto (…). Per altro verso, attraverso il contratto in parola xxx ha affidato a yyy il compimento di un servizio (l’erogazione dei servizi postali) nell’interesse dell’affidante, da svolgersi con mezzi propri dell’operatore (cfr. clausole 6 e 7) e rischio a carico di quest’ultimo (il cui corrispettivo è rappresentato da una percentuale delle tariffe applicate ai clienti, cfr. allegato 10.1, richiamato dalla clausola ), secondo lo schema proprio dell’art. 1655 c.c.
Avuto riguardo al concreto assetto contrattuale, dunque, deve ritenersi che la prevalente funzione pratico-economica del negozio in esame sia quella della fornitura di un servizio a favore dell’affidante, con organizzazione dei mezzi da parte dell’operatore ed assunzione del relativo rischio economico.
Si conclude che la causa prevalente del contratto atipico di partnership in essere tra le parti è assimilabile a quella del contratto tipico di appalto e si osserva che la giurisprudenza ha più volte precisato che “ai contratti non contemplati dal legislatore (atipici o innominati) possono applicarsi oltre alle norme generali in materia di contratti (art. 1323 c.c.) anche le norme regolatrici dei contratti nominati quante volte il concreto atteggiarsi del rapporto, quale risultante dagli interessi coinvolti, faccia emergere situazioni analoghe a quelle disciplinate dalla seconda serie di norme”
L’applicazione della disciplina legale dell’appalto comporta l’applicazione della normativa a tutela dei lavoratori dell’appaltatore ed in particolare l’art. 29 d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, invocato dall’odierna ricorrente. Ciò a maggior ragione, osserva il giudice, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 254/2017.
Anche Cass. 05/03/2020 n. 6299 afferma che il committente risponde solidalmente col subfornitore dei crediti retributivi e previdenziali dei dipendenti di quest’ultimo. La Corte supera il dubbio in ordine all’applicabilità della regola della solidarietà anche ai rapporti tra committente e subfornitore, fondato sul fatto che la legge specifica della materia non la prevede esplicitamente e che comunque essa contrasterebbe con l’autonomia attribuita all’istituto rispetto all’appalto, richiamando la menzionata sentenza della Corte Costituzionale e, pertanto, l’applicazione analogica della norma sull’appalto.
(3.3.) In epoca più risalente la questione era stata trattata e affrontata con attenzione
Per la verità il dibattito sul perimetro di applicazione dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003, nel più ampio ambito del decentramento produttivo, era iniziato già negli anni 2000.
Fin da allora si aveva ben presente che la segmentazione del ciclo produttivo può realizzarsi attraverso strumenti contrattuali diversi dall’appalto. Si pensi al caso della somministrazione di beni o della locazione, con attività lavorative formalmente accessorie ma sostanzialmente prevalenti, alla subfornitura industriale, al rapporto di franchising, nel quale il prestito della manodopera viene a volte giustificato dall’interesse del franchisor a controllare le modalità di sviluppo dell’attività, nonché al merchandising nella grande distribuzione, nel quale peraltro difetta un rapporto contrattuale diretto tra la società di servizi e il grande magazzino, poiché sovente i lavoratori vengono inviati a svolgere la propria prestazione presso i negozi sulla base di accordi presi tra la società di merchandising e l’impresa che fornisce prodotti al grande magazzino.
Numerose sentenze avevano preso posizione su diverse tipologie contrattuali, tra l’altro dando importanza alla prevalenza del tipo di prestazione presente nel contratto e comunque sposando una nozione, per così dire giuslavoristica di appalto, incentrata sull’apporto lavorativo di chi vi è impiegato.
Mi sia constato rinviare su questo sito, tra l’altro, al mio scritto del 2009 “Sulla vis espansiva della nozione di appalto ai fini giuslavoristici”.
(4) Anche la sentenza oggi segnalata propende per la vis espansiva della norma sugli appalti
Il caso oggi segnalato, trattato dal Tribunale di Padova, riguarda la posizione di una lavoratrice somministrata a un impresa appaltatrice e utilizzata nell’appalto.
La sentenza però non riguarda la posizione della lavoratrice rispetto all’utilizzatore dietato (ossia l’appaltatore) ma rispetto alla committente dell’appalto. La solidarietà tra somministratore e utilizzatore è già prevista dall’art. 35, come 2, d.lgs. 81/2015 (TU dei contratti) stabilisce infatti che: “L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore.”.
L’aspetto interessante della pronncia è che il giudice fa risalire la solidarietà anche al committente. Nel caso in esame l’eccezione del committente era stata che il datore di lavoro, ossia il somministratore, risulterebbe del tutto estraneo alla filiera delle imprese coinvolte nell’appalto. Il giudice respinge però tale argomento richiamandosi alla sopra menzionata sentenza Cort. Cost. 254/2017 e osservando che “Come bene inteso dalla difesa della opposta (ndr. la lavoratrice) “Il ragionamento seguito dalla Corte ed il passaggio secondo il quale la tutela solidale non può non estendersi a tutti i livelli del lavoro indiretto, autorizzano una lettura costituzionalmente orientata anche nei confronti delle prestazione rese in somministrazione nel medesimo appalto”. Invero, la previsione della responsabilità solidale del committente è finalizzata ad e evitare che meccanismi di decentramento e dissociazione fra titolarità del contratto di la oro e reale utilizzatore della prestazione rechino danno ai lavoratori coinvolti”.
(5) Un’altro tipo di responsabilità solidale: la materia degli infortuni negli appalti
Ricordo infine, per quanto estraneo agli istituti retributivi e contributivi, che di responsabilità solidale si parla negli appalti anche in relazione alla materia della sicurezza.
L’art. art. 26, comma 4, d.lgs. 81/2008 (TU in materia di salute e sicurezza sul lavoro) stabilisce che: “Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”
Si tratta di una responsabilità solidale che investe il c.d. danno differenziale, coinvolge la filiera dell’appalto, e si ferma solamente davanti a bastione dei danni conseguenza di rischi specifici, ossia circoscritti a competenze proprie dell’appaltatore.
Un interessante recente sentenza del Tribunale di Venezia (Trib. Venezia 30/12/2020 est. Calzavora ) ha riconosciuto la responsabilità solidale della società committente ex art. 26 del d.lgs. 81/2008 in relazione all’infortunio sul lavoro subito da un dipendente di un’impresa facente parte di un consorzio, al quale erano stati affidati in appalto lavori di carpenteria navale.
Il punto interessante della pronuncia è che il giudice ha escluso la riconducibilità del danno a rischi specifici – e quindi ammesso la solidarietà tra imprese – in quanto il rischio era immediatamente percepibile dal committente, senza la necessità di particolari indagini o conoscenze tecniche settoriali, sia perché riguardava un’attività svolta anche dalla committente stessa, le cui caratteristiche dovevano esserle perfettamente note.
Quanto alla possibilità che anche questo versante di responsabilità solidale possa vivere una stagione di estensione analogica, staremo a vedere, per quanto glia argomenti a supporto dell’analogia, siano qui forse più deboli.