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Cass. 30 luglio 2014 n. 33743

Il lavoratore che durante un periodo di malattia presta attività lavorativa presso terzi può essere condannato per truffa aggravata: solo l’accertamento del fatto che tale attività lavorativa non ha causato ritardi nella guarigione può esonerare il dipendente dal reato penale.

Nel caso di specie, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore, che si mette in malattia e viene sorpreso a svolgere un altro lavoro, rischia un’imputazione per truffa; in ogni caso, una sentenza di condanna non può essere emessa se non si è prima accertato che il lavoro svolto durante la malattia ha ritardato la guarigione.

I giudici di legittimità hanno così annullato un provvedimento del GUP che assolveva il lavoratore dall’imputazione per truffa aggravata proprio sulla base del presupposto che la nuova attività non avesse ostacolato il processo di guarigione. Nel caso in esame, tuttavia, trattandosi di un provvedimento del giudice dell’udienza preliminare, “solo una prognosi d’inutilità del dibattimento relativa all’evoluzione, in senso favorevole all’accusa, del materiale probatorio raccolto, può condurre a una sentenza di non luogo a procedere“. Ne consegue che la sentenza di non luogo a procedere può essere pronunciata non tanto solo se l’imputato è dichiarato innocente, ma solo se non esiste possibilità che gli elementi raccolti in giudizio portino a diversa soluzione.