Può capitare che sia necessario e opportuno effettuare delle verifiche circa i comportamenti dei propri lavoratori.
Se si decide di utilizzare un’agenzia investigativa la manovra è delicata.
Nel caso in cui l’intenzione sia quella di controllare la prestazione lavorativa del dipendente la giurisprudenza ha ricordato che il controllo da parte di un’agenzia investigativa, non possa riguardare, in nessun caso, né l’adempimento, né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l’inadempimento stesso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza.
Il divieto di controllo occulto sull’attività lavorativa, peraltro, vige anche nel caso di prestazioni lavorative svolte al di fuori dei locali aziendali, ferma restando l’eccezione rappresentata dai casi in cui il ricorso a investigatori privati sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti.
Sul punto la recentissima sentenza Cassazione 11 giugno 2018 n. 15094
L’intervento delle agenzie investigative è consentito al datore di lavoro non solo in presenza di una avvenuta prospettazione di illeciti, ma anche per il ricorrere del mero sospetto che illeciti possono essere stati compiuti o, addirittura, essere in corso di esecuzione. Ricorrendo queste ipotesi, l’attività investigativa di vigilanza è lecita, a condizione che non sia riconducibile a una verifica sul mero adempimento dell’obbligazione lavorativa.
Sul punto Cassazione 4 aprile 2018 n. 8373
Sarà dunque importante mettere, nell’ambito del mandato all’agenzia investigativa – che dovrà essere comunque redatto in modo conforme alle indicazioni del Garante della Privacy – orientare l’indagine alla verifica solo di fatti illeciti, circoscrivendo opportunamente il perimetro dei controlli.