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Con due Decisioni depositate a distanza di 15 giorni l’una dall’altra (Sentenza 27-01-2017, n. 2054 e Sentenza 10-02-2017, n. 3562), la V Sezione Civile della Corte di Cassazione ha raggiunto conclusioni diametralmente opposte in relazione alla  qualificazione giuridica da attribuire all’operazione con cui un soggetto conferisce in una neocostituita società di capitali un azienda, per poi cedere la partecipazione nella menzionata società di capitali.

L’aspetto interessante delle due pronunce, a parte il contrasto palese sussistente all’interno di una medesima Sezione della Cassazione circa la qualificazione tributaria di un’operazione particolarmente utilizzata nella prassi commerciali (e ritenuta espressamente non elusiva ai fini delle imposte dirette dall’Art. 176, comma 3, del D.P.R. 917/1986), risiede nell’interpretazione che la V sezione ha data dell’Art. 20 del Testo Unico dell’Imposta di Registro che, come noto, consente all’ufficio di riqualificazione l’atto presentato alla registrazione in sede di liquidazione di imposta, sulla base dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici dello stesso, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.

Infatti, in entrambi i casi la V Sezione civile ha escluso che l’Art. 20 del T.U. dell’Imposta di Registro costituisca una norma antielusiva, e mentre nella prima decisione (Sent. n. 2054/2017) il Collegio ha negato la sussistenza della prova della natura elusiva del negozio ai sensi del principio generale sull’abuso del diritto, escludendo che l’Art. 20 di per se stesso fosse sufficiente a consentire la pretesa riqualificazione dell’operazione come cessione di azienda, nel secondo arresto (Sent. n. 3562/2017), il Collegio ha ritenuto che la natura elusiva del negozio non risultasse un aspetto rilevante ai fini della riqualificazione dell’atto ai sensi dell’Art. 20, ritenendo che il disposto di tale norma, a prescindere da quale che sia intento elusivo, fosse sufficiente a consentire la riqualificazione.