Cass. 9 febbraio 2016 n. 2519
Pur in presenza di un patto che esclude la facoltà anticipata di recesso, se non in determinate ipotesi espressamente previste, resta salvo il diritto delle parti medesime di recedere immediatamente da un rapporto di collaborazione professionale continuativa in presenza di una giusta causa, ossia di un rilevante inadempimento alle obbligazioni contrattuali di una parte, tale da escludere l’interesse dall’altra alla conservazione del rapporto.
La Suprema Corte ha così risolto una controversia insorta tra una banca ed un ex dipendente che aveva intrapreso con il datore di lavoro un rapporto di consulenza professionale: l’azienda aveva risolto prematuramente il contratto d’opera professionale con il consulente, nonostante la presenza di un patto di durata triennale che restringeva il recesso anticipato ad ipotesi tassative oltre che improbabili, come ad esempio eventuali condanne penali a carico del professionista.
I giudici di legittimità hanno statuito che la giusta causa è applicabile anche al contratto d’opera intellettuale, dove il rapporto di fiducia assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali. Ne consegue che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore importanza.