Cass. 25 luglio 2016 n. 15322
È legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che, al momento della reintegra, omette di comunicare all’azienda di avere carichi pendenti. I procedimenti penali in corso non precludono il ripristino del rapporto dopo la sentenza giudiziale: è la falsa dichiarazione a ledere il rapporto di fiducia con il datore impedendone la prosecuzione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una lavoratrice riassunta nel posto di lavoro, la aveva sottoscritto la dichiarazione sostitutiva di autocertificazione in cui aveva dichiarato di non essere destinataria di provvedimenti che riguardassero l’applicazione di misure di prevenzione e di decisioni civili e amministrative iscritte nel casellario giudiziario, nonostante a suo carico pendesse una serie di procedimenti penali, alcuni dei quali per furto.
Sul punto la Corte d’appello di Napoli aveva ritenuto “grave la condotta intenzionalmente e negligentemente posta in essere dalla lavoratrice, poiché idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario sotteso al rapporto di lavoro inter partes”. I giudici di legittimità hanno pertanto confermato la decisione, precisando che non è il procedimento pendente in sé a giustificare il licenziamento, quanto piuttosto l’aver autocertificato il falso, che comporta la violazione dei principi di correttezza e buona fede: la Corte territoriale, infatti, “ha fondato la sua decisione non già sulla rilevanza dell’autocertificazione ai fini del ripristino del rapporto di lavoro, bensì sulla incidenza del mendacio, anche in ragione dei fatti occultati, sul vincolo fiduciario sotteso al rapporto”.