Cass. 30 giugno 2015 n. 13377
La sopravvenuta trasformazione di un rapporto di lavoro subordinato in un diverso rapporto di lavoro, con il conseguente svolgimento della prestazione sulla base di un titolo negoziale diverso, deve essere dimostrata dalla parte che deduce la trasformazione a seguito di uno specifico negozio novativo, il quale presuppone, innanzitutto, che risulti la chiara e univoca volontà delle parti di mutare il regime giuridico del rapporto.
Ancora una volta la Suprema Corte torna ad occuparsi di qualificazione giuridica del rapporto di lavoro.
In questo caso, si tratta di un giornalista presente quotidianamente negli uffici della redazione, che realizzava diversi articoli relative a rubriche fisse sul giornale, percependo compensi in via continuativa: si trattava a tutti gli effetti di un lavoratore subordinato, a nulla rilevando il fatto che il lavoratore, che dal 1960 al 1987 era assunto con contratto a tempo indeterminato, fosse stato costretto a dimettersi con la “promessa” di un maggior spazio all’interno del quotidiano, proseguendo, invece, la propria attività come libero professionista.
I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte territoriale abbia correttamente ritenuto che si trattasse di lavoro subordinato, sia valutando le caratteristiche che la prestazione giornalistica ha assunto in concreto (la quotidianità, la continuità, il numero di articoli realizzati), sia evidenziando come di fatto non fossero mutate, dalle dimissioni, le caratteristiche e le modalità del rapporto tra datore e dipendente.