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Cass. Sez. V Pen., 31 marzo 2016 n. 13057

L’accesso abusivo all’altrui casella di posta elettronica configura il reato di cui all’art. 615 ter cod. pen. essendo detta casella uno “spazio di memoria”, ossia una porzione della complessa apparecchiatura – fisica e astratta – destinata alla memorizzazione delle informazioni, protetto mediante apposizione di una password in modo tale da rivelare la chiara volontà dell’utente di farne uno spazio a sé riservato, e nella disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso un provider del servizio.

La Suprema Corte ha confermato la condanna a sei mesi di reclusione, per accesso abusivo a sistema informatico, nei confronti di un responsabile di un ufficio pubblico che si era introdotto ripetutamente nella casella di posta elettronica di un dipendente dello stesso ufficio, in sua assenza, per visionare e scaricare alcuni documenti: costituisce, infatti, reato accedere alla posta elettronica del lavoratore se protetta da password.

La presenza, nella casella di posta elettronica aziendale del dipendente, di una password personalizzata, rivela, dunque, la volontà dell’utente di farne uno spazio a sé riservato e, di conseguenza, l’accesso abusivo da parte di soggetti terzi costituisce reato di natura penale (art. 615-ter del codice penale).