Corte d’Appello di Milano 3 luglio 2014 n. 406
Il mero requisito dell’età anagrafica non può giustificare l’utilizzo di un contratto di lavoro, come quello del lavoro intermittente, che comporta l’applicazione di norme meno favorevoli, per le condizioni che lo regolano, rispetto all’ordinario contratto a tempo indeterminato, e la discriminazione che si determina rispetto a coloro che hanno superato di venticinque anni non trova alcuna ragionevole giustificazione.
Nel caso di specie, la Corte di Merito di Milano ha dichiarato illegittima la condotta dell’azienda che aveva assunto un giovane lavoratore con un contratto di lavoro a chiamata, per il solo fatto che si trovava in una situazione di disoccupazione e aveva meno di venticinque anni, per poi risolvere il rapporto, una volta raggiunto il limite massimo di età: secondo la Corte, tale condotta, disciplinata dall’art. 34, comam secondo, della Legge Biagi, sarebbe in contrasto con i principi affermati dalla direttiva 2000/78 CE. Ne consegue la condanna dell’azienda all’assunzione del lavoratore a tempo indeterminato, oltre ad un risarcimento dei danni di euro 14.500.