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– a cura di Alessia Capella – Gennaio 2020 – 

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Nell’odierno mondo “social”, nel quale domande e offerte di lavoro vengono gestite in prima battuta on line, occorre prestare molta attenzione ai requisiti di partecipazione elencati negli annunci di lavoro pubblicati sulla piattaforma informatica.

Tali requisiti, pur non essendo previsti a pena di esclusione, assumono valenza dirimente ai fini della selezione e della successiva assunzione. La mancata rispondenza del candidato ai criteri di scelta elencati può infatti pregiudicare il posto di lavoro ottenuto in mala fede e il risarcimento del danno ad esso collegato, anche a seguito dell’inizio della prestazione lavorativa.

Anche nella fase selettiva il candidato è tenuto a comportarsi secondo regole di correttezza e buona fede, da un lato, astenendosi da qualsiasi condotta lesiva dell’interesse altrui e, dall’altro lato, collaborando alla promozione o alla soddisfazione delle reciproche aspettative.

Informare e chiarire all’altra parte tutte le circostanze che possano involgere il suo interesse, evitare fraintendimenti, reticenze e inganni all’altra parte al fine di indurla a sottoscrivere il contratto che altrimenti non avrebbe mai concluso, sono tutte declinazioni della regola di una condotta leale improntata al rispetto dell’altrui libertà di contrarre.

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Lo spunto di riflessione nasce dalla pronuncia del Tribunale di Trapani 02/10/2019, n. 522, est. Petrusa che ha rigettato il ricorso avanzato da un Dirigente licenziato dalla Società per mancato possesso dei requisiti di selezione nonostante lo stesso fosse risultato vittorioso al processo selettivo e quindi assunto con contratto a tempo determinato.

Nel caso specifico la Società, partecipata, operante nel settore aereo, aveva pubblicato un annuncio di lavoro sul social network “Linkedin” elencando come requisito di partecipazione il possesso di una laurea magistrale in ingegneria, economia o giurisprudenza oltre a master e a corsi di specializzazione del settore.

Il soggetto, pur non possedendo il titolo di studio menzionato, si candidava ugualmente all’annuncio e presentava un’autocertificazione avente ad oggetto il possesso dei requisiti per la partecipazione alla gara, senza specificare alcunché sul titolo di studio.

Risultato poi vittorioso al processo di selezione il candidato veniva assunto a tempo determinato con pedissequo inizio della prestazione lavorativa nella posizione dirigenziale.

Dopo due mesi, la Società avviava il procedimento di annullamento della delibera con cui aveva disposto l’assunzione perché aveva scoperto che il Dirigente non era in possesso della laurea necessaria, elencata ab origine nell’annuncio. Il procedimento veniva definito con la revoca della delibera consiliare in relazione alla quale la Società, accortasi ex post dell’errore commesso, comunicava il recesso dal rapporto di lavoro.

Il lavoratore impugnava il recesso e chiedeva al Giudice del lavoro di Trapani di condannare la Società al pagamento del risarcimento dei danni pari alle retribuzioni che egli avrebbe percepito per l’intera durata del rapporto.

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Due pertanto le questioni analizzate dal giudicante:

  1. il recesso all’interno di un contratto a tempo determinato in un organismo di diritto pubblico, con conseguente determinazione del pregiudizio subito;
  2. l’imputabilità della condotta colposa che ha determinato il pregiudizio.

Sotto il primo profilo, il Giudice ha ravvisato l’illegittimità del recesso datoriale in quanto viziato dal punto di vista motivazionale.

L’annullamento d’ufficio della delibera consiliare operato dalla Società in via di autotutela non determinava l’automatica caducazione del contratto di lavoro (c.d. “nullità derivata”), occorrendo nello specifico un autonomo provvedimento datoriale debitamente motivato.

La motivazione poteva consistere: (i) nell’annullamento del contratto di assunzione per errore su un elemento essenziale del soggetto contraente, attesa la evidente riconoscibilità dello stesso; (ii) oppure, nel mancato superamento del periodo di prova non avendo lo stesso i requisiti richiesti al momento dell’assunzione.

La Società aveva invece omesso l’adozione di siffatti rimedi e si era invece limitata a collegare il provvedimento espulsivo alla delibera consiliare di annullamento del procedimento di selezione. Il provvedimento risultava privo di adeguata motivazione, non contenendo nemmeno alcun riferimento alla giusta causa o al giustificato motivo oggettivo. Posto che il contratto di lavoro a tempo determinato può essere per legge risolto prima della scadenza soltanto per giusta causa, la menzionata assenza del requisito motivazionale rendeva nella specie illegittimo il recesso datoriale.

Vertendosi in ipotesi di illegittimo recesso anzitempo dal contratto di lavoro a tempo determinato, il Giudice ha rilevato l’inapplicabilità della tutela ordinaria in materia di licenziamenti in favore del rimedio civilistico del danno effettivo, quantificato nella misura delle retribuzioni che sarebbero maturate fino alla naturale scadenza del rapporto.

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Tuttavia, per determinare l’effettiva debenza del danno, il Giudice ha fatto applicazione delle disposizioni civilistiche relative all’utilizzo della buona fede nella fase delle trattative e al concorso di colpa del lavoratore. 

  1. l’art. 1227 c.c. dispone infatti che “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
  2. l’art. 1337 c.c. dispone invece che “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.

Applicando tali principi il Giudice ha concluso che il pregiudizio derivato al Dirigente non è stato determinato in via esclusiva dalla condotta datoriale ma è promanato dal contegno complessivo del Dirigente tenuto durante la fase selettiva.

Il fatto stesso di essersi scientemente candidato a una selezione pur sapendo di non avere i requisiti necessari per partecipare, e senza far emergere nel prosieguo la mancanza del requisito di laurea, nemmeno con l’autocertificazione, integra infatti una violazione del dovere di correttezza e buona fede nelle trattative. 

L’assenza di contegno diligente incide sul risarcimento del danno richiesto dal Dirigente il quale, non avendo rispettato appieno l’avviso di selezione, non può pretendere di fare legittimo affidamento sull’esito favorevole della gara.

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Siffatta conclusione si inserisce nel più ampio filone giurisprudenziale ormai consolidato che riconosce espressamente che le condotte “extra-lavorative”, anche antecedenti al rapporto di lavoro, possono impattare sulla prosecuzione del contratto. 

Il lavoratore – nel rapporto sinallagmatico – ha infatti l’obbligo non solo di eseguire diligentemente la prestazione lavorativa, ma anche di tenere un comportamento extra-lavorativo che sia tale da non ledere “gli interessi materiali e morali del datore di lavoro, né la fiducia che lega le parti del rapporto di durata” (Cass. 29/03/2017, n. 8132).

All’interno delle condotte extra-lavorative rientrano anche i contegni precedenti l’instaurazione del rapporto di lavoro i quali possono assumere rilevanza ai fini della giusta causa di licenziamento “sempre che si tratti di comportamenti appresi dal datore dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate al dipendente e dal ruolo da quest’ultimo rivestito nell’organizzazione aziendale” (Cass. 10/01/2019 n. 428).

Secondo quanto esposto, il rapporto fiduciario può essere compromesso anche in ragione di condotte extra-lavorative poste in essere dal lavoratore prima dell’assunzione purché queste ultime:

  1. siano state apprese dal datore di lavoro successivamente all’inizio del rapporto medesimo;
  2. siano tali da compromettere le aspettative di un futuro puntuale adempimento dell’obbligazione lavorativa da parte del dipendente, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività (Cass. civ. 24/11/2016, n. 24023).

Scarica Tribunale di Trapani 02/10/2019, n. 522, est. Petrusa

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