– a cura di Filippo Capurro – © RIPRODUZIONE RISERVATA – Marzo 2019 –
In questa mio breve intervento vorrei cercare di raccogliere le idee sulla questione assai importante e delicata della corretta imputazione del rapporto di lavoro.
1. L’imputazione del rapporto nell’iconografia classica: la regola generale
La regola generale è che il rapporto di lavoro va imputato al soggetto che di fatto esercita il potere direttivo, beneficiando in sostanza della prestazione lavorativa. Vige dunque il principio sostanzialistico che prevale sulla titolarità formale del rapporto.
2. Le eccezioni
Esistono alcune eccezioni a questa regola. Vediamole.
A) Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore. La somministrazione è disciplinata dagli artt. 30 e ss. d.lgs. 81/2015.
Il potere direttivo è esercitato dall’utilizzatore. Ciò nonostante, in deroga alla regola generale richiamata all’inizio, il rapporto di lavoro rimane imputato al somministratore.
B) Il distacco si ha quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. Questo istituto è disciplinato dall’art. 30 d.lgs. 276/2003.
Il potere direttivo è esercitato dal distaccatario. Ciò nonostante, in deroga alla regola generale richiamata all’inizio, il rapporto di lavoro rimane imputato al datore di lavoro distaccante.
Per qualche informazione in più sul distacco mi sia consentito rinviare al lemma Distacco da me curato sull’enciclopedia online Wikilabour.
C) Esistono poi ipotesi di c.d. codatorialità espressamente disciplinate dalla legge.
La codatorialità in senso tecnico è un istituto introdotto nel nostro ordinamento giuridico dal D.L. 76/2013, convertito con L. 99/2013 che ha aggiunto all’art. 31 d.lgs. 276/2003 i commi da 3 bis a 3 quinquies.
In particolare è stato previsto che le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo, ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, possono procedere congiuntamente all’assunzione di lavoratori dipendenti per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le relative aziende.
L’assunzione congiunta può essere effettuata anche da imprese legate da un contratto di rete, quando almeno il 40 per cento di esse sono imprese agricole. I co-datori di lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato nell’ambito della codatorialità.
3. Le “variazioni”
A questo punto introduco, per così dire, alcune “variazioni” della questione.
3.1. L’unicità del centro di imputazione
Una prima ipotesi (per tutte Cass. 20/12/2016 n. 26346), ben conosciuta e tratta dalla giurisprudenza afferisce al caso in cui, pur in presenza di soggetti giuridici distinti, vi è nei fatti un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale e ciò venga rivelato dai seguenti requisiti:
- unicità della struttura organizzativa e produttiva;
- integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune;
- coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune;
- utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori.
Mi sia consentito però richiamare l’attenzione sul fatto che la mera esistenza di una direzione e di un coordinamento unitario del gruppo, non solo costituisce un fenomeno tipico dei gruppi societari, ma è nella sostanza cointeressenziale al concetto stesso di gruppo societario. Tale fenomeno, pur senza necessariamente integrare una gestione unitaria di tutte le società controllate da parte della capogruppo – il che sarebbe, peraltro, in violazione del principio statuito dall’art. 2380-bis c.c., che espressamente affida la gestione sociale esclusivamente all’organo amministrativo – inerisce a svariati aspetti organizzativi e gestionali propri dell’attività di ciascuna società del Gruppo che vengono così ad acquisire, tramite appunto tale attività di direzione e coordinamento unitario, quello specifico coordinamento imprenditoriale, economico e finanziario, che rappresenta lo specifico valore aggiunto riconducibile alla esistenza di un gruppo societario nell’ambito dell’esercizio dell’impresa.
Anche la fornitura di servizi infra gruppo (di solito nell’ambito di appalti di servizi) non è elemento di per sé idoneo a falsare o alterare l’imputazione del rapporto di lavoro. Del resto, ad esempio, a conferma della legittima possibilità della Capogruppo della fornitura di servizi, anche legati eventualmente all’amministrazione del personale (ovviamente non all’esercizio del potere direttivo), vi è l’art. 31, comma 1, d.lgs. 276/2003 che recita: “I gruppi di impresa, individuati ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e del decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74, possono delegare lo svolgimento degli adempimenti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, alla società capogruppo per tutte le società controllate e collegate.”
3.2. Una nuova prospettiva per la codatorialità: la prestazione contemporanea indistinguibile
Lo straordinario interesse della pronuncia che qui segnalo (Cassazione 11 febbraio 2019, n. 3896) sta nell’ulteriore avanzamento di ragionamento rispetto alle ipotesi sopra esaminate.
E’ stato infatti precisato che non è necessaria l’esistenza di un collegamento societario preordinato in frode alla legge perché il rapporto di lavoro, formalmente intestato ad una sola società, possa essere ricondotto a svariati soggetti di impresa che, seppur indipendenti tra loro, hanno contemporaneamente utilizzato le prestazioni del lavoratore.
Si ha unicità del rapporto di lavoro anche qualora uno stesso lavoratore presti contemporaneamente servizio per due datori di lavoro e la sua opera sia tale che in essa non possa distinguersi quale parte sia svolta nell’interesse di un datore di lavoro e quale nell’interesse dell’altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori di siffatta attività devono essere considerati solidalmente responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, ai sensi dell’art. 1294 cod. civ. che stabilisce una presunzione di solidarietà in caso di obbligazione con pluralità di debitori, ove dalla legge o dal titolo non risulti diversamente
Evidenzia la Corte “In disparte l’esistenza di una sinergia tra le varie imprese perciò ove, come nel caso in esame, si accertati che l’attività amministrativo contabile era resa dalla lavoratrice, contemporaneamente ed indifferentemente, in favore di tutte le diverse società convenute e che la prestazione, nell’orario di lavoro definito contrattualmente dalla società che formalmente aveva in carico la dipendente, andava a vantaggio anche delle altre società, si deve ritenere che sussista un unico rapporto alle dipendenze di più datori di lavoro. In sostanza, qualora uno stesso dipendente presti servizio contemporaneamente a favore di diversi datori di lavoro, titolari di distinte imprese, e l’attività sia svolta in modo indifferenziato, così che in essa non possa distinguersi quale parte sia stata svolta nell’interesse di un datore e quale nell’interesse degli altri è configurabile l’unicità del rapporto di lavoro e tutti i fruitori dell’attività del lavoratore devono essere considerati solidalmente responsabili nei suoi confronti per le obbligazioni relative, ai sensi dell’art. 1294 cod. civ.”.
Si noterà che sfuma fortemente l’attenzione all’esercizio del potere direttivo in favore dell’interesse del soggetto che beneficia della prestazione e che si richiama il meccanismo della responsabilità solidale tra soggetti, che nel diritto del lavoro ha, pur in diverse ipotesi, un ruolo sempre più significativo.
Non più di un paio di anni fa feci una causa per un dirigente licenziato, in cui affermai l’esistenza della codatorialità tra due società a favore delle quali prestava contemporaneamente attività lavorativa, in assenza peraltro di alcun contratto di servizi interrompany. Chiesi la responsabilità solidale delle due società. Uno studio particolarmente blasonato quasi mi derise – salvo poi, nel dubbio, sottoscrivere un verbale di conciliazione estremamente vantaggioso per il mio assistito. Mi piace oggi rilevare la solidità della mia impostazione e, più tardi, invierò questa sentenza al Collega.
Scarica Cassazione 11 febbraio 2019 n. 3899