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– a cura di Filippo Capurro – Novembre 2019 –

Segnalo una recente sentenza (Tribunale di Padova 16/07/2019 n. 550 est. Dellacasa ) che ha affrontato il tema della genuinità dell’appalto in un’interessante questione nel settore della logistica.

(1) Una rapida premessa di inquadramento sulla materia.

L’art. 29, comma 1, d.lgs. 276/2003 recita:

Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dellarticolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dellappaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dellopera o del servizio dedotti in contratto, dallesercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nellappalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio dimpresa.”

La norma, nel definire il contratto di appalto (genuino), richiama dunque i due principali elementi che per la disciplina civilistica (art. 1655 c.c.) caratterizzano il contratto di appalto, ossia la permanenza in capo all’appaltatore dell’organizzazione dei mezzi e l’assunzione del rischio di impresa.

Negli appalti dove i mezzi impiegati si sostanziano principalmente nell’attività personale (c.d. labour intensive), l’organizzazione dei mezzi si manifesta essenzialmente nell’esercizio del potere direttivo e organizzativo da parte dell’appaltatore nei confronti dei propri  dipendenti utilizzati nell’appalto. 

Il comma 3-bis recita a sua volta stabilisce che:

Quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura civile , notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di questultimo. (…)”

Di conseguenza, ove l’appalto non sia genuino, perché  ad esempio il committente gestisce direttamente i mezzi e/o le risorse umane dell’appaltatore, i dipendenti di quest’ultimo potranno richiedere la costituzione del rapporto direttamente presso il committente.

(2) Punto centrale dell’analisi sulla genuinità dell’appalto, diventa dunque definire quando e, in particolare, entro quali limiti sia accettabile l’intervento del committente nel suo svolgimento.

(3) In linea generale l’appalto genuino è ritenuto compatibile con la predeterminazione delle modalità temporali e tecniche di esecuzione dell’opera o del servizio, anche qualora siano impartite dal committente disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore riconducibili al “risultato delle prestazioni” (Cass. 22/02/2019, n. 5265).

Ciò che deve essere verificato è se le direttive del committente siano effettivamente riconducibili al potere direttivo , in quanto inerenti alle concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al solo risultato di quelle prestazioni, al fine di assicurare l’adattamento dell’attività rispetto ai tempi ed alle modalità tecniche di esecuzione dell’opera o del servizio legittimamente predeterminate dal committente. Si è parlato in questi casi di (legittimo) coordinamento “industriale” del committente sull’esecuzione del programma contrattuale che l’appaltatore si è impegnato a realizzare.

Ma non è sempre facile effettuare una valutazione di tal genere.

(4) Il caso del Tribunale di Padova qui segnalato riguarda un appalto endo-aziendale per attività di “picking” nel magazzino del committente.

In particolare i dipendenti dell’appaltatore operavano mediante lettori ottici su cui compariva l’ordine da effettuare, prelevando poi il materiale dai camion e trasportandoli alla destinazione prevista mediante transpallet elettrici; la voce che indicava ai lavoratori lo scaffale ove riporre la merce tramite il sistema Voice era una voce prereglstrata.

In sostanza l’organizzazione del lavoro era in tutto automatizzata e il software attraverso il quale si realizzava tale automazione era nella disponibilità esclusiva del committente. Ciò si verificava sia quando i dipendenti ricevevano un bar code che doveva essere letto da un terminale, sia ancor più quando il medesimo bar code doveva essere comunicato a voce ad un operatore automatico che riconosceva il lavoratore tramite un codice identificativo e che gli dava tutte le Istruzioni operative. 

(5) Il giudice ha rilevato che l’appalto non era genuino, osservando anche che il trattamento da parte del committente dei dati dei dipendenti dell’appaltatore è elemento confermativo della eterodirezione da parte del committente.

Secondo il Tribunale di Padova, dove la prestazione umana non è ancora integralmente sostituibile o conserva un valore aggiunto, l’elemento organizzativo sul quale è costruita l’organizzazione dell’impresa non è più rappresentato dai mezzi di produzione tradizionali, tra cui la manodopera, ma dal controllo e gestione delle informazioni e dei dati di produzione, che le nuove tecnologie consentono e che permettono l’ottimizzazione di tutti i processi produttivi.

(6) A me pare che il caso appena esposto sia un esempio particolarmente spinto di assenza di organizzazione in capo all’appaltatore. L’esito del giudizio mi sembrerebbe quindi prevedibile.

L’interesse della pronuncia risiede piuttosto nel fatto di avere richiamato all’attenzione la complessità del problema man mano che la tecnologia rende le interazioni tra imprenditori (appaltante e appaltatore) più liquide e pervasive, sia con riferimento all’automazione del coordinamento dell’appaltatore nell’esecuzione dell’opera, sia – e questo è il punto di vero interesse – alla gestione dei flussi informativi tra committente e appaltatore, che può sostanziarsi in elemento organizzativo ma, direi anche in eterodirezione.

La riflessione assume una notevole valenza, a mio giudizio, anche ai fini dell’applicazione dell’art. 2, d.lgs. 81/2015, in materia di lavoro autonomo etero-organizzato, sul quale richiamo, in questo sito, il mio contributo “Lavoro autonomo e etero organizzazione: un correttivo della riforma che “stringe le maglie””.

(7) Sugli appalti nella logistica segnalo anche un’altra interessante sentenza (Tribunale di Milano 03/11/2017, est. Lombardi ), che ha ritenuto, per il vero in una fattispecie meno critica, la genuinità dell’appalto.

Nel caso di specie è stato precisato che l’organizzazione dei mezzi deve essere effettiva e sostanziale e può essere realizzata anche da una genuina impresa cd. leggera” o dematerializzata”, in cui l’organizzazione del fattore lavoro sia prevalente sul capitale, purché idonea a soddisfare le esigenze dedotte in contratto.

Nella fattispecie trattata, quanto alla sussistenza di potere direttivo ed organizzativo, era emerso che:

  • la maggior parte delle operazioni svolte nell’appalto fossero gestite sulla base di processi informatici predefiniti e codificati;
  • da particolari esigenze della committenza, in ordine a quantitativi di lavoro e tempi di lavorazione, era potuta occasionalmente derivare un’indiretta incidenza sulle turnazioni e sulle risorse impiegate, la cui scelta ultima, competeva tuttavia all’appaltatore;
  • talvolta si era registrata la necessità di fornire indicazioni da parte della committenza circa termini, tempi e modalità di espletamento del servizio ma – secondo il giudicante – in assenza di significative ingerenze nell’organizzazione dell’appaltatore.

Il giudice ha escluso che fosse rimasto in capo alla committenza il nucleo fondamentale del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, affermando quindi la genuinità dell’appalto.

Scarica Tribunale di Padova 16 luglio 2019 n. 550 est. Delacasa

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